Executive Chef dell’Hilton di Praga, Luise parla del sul ultimo libro dedicato alle resorse umane.
Metaforicamente parlando, il Franco Luise dei suoi libri precedenti non ha mai lasciato i fornelli. Tutti contengono consigli pratici per gli chef che cucinano, che creano nuovi menu, che testano attrezzature, ecc. Con Leadership in cucina ha deciso di concentrarsi sulle persone piuttosto che sul cibo. Come mai questo cambiamento?
FL: Credo che ognuno dei miei libri sia stato scritto in un preciso momento della mia vita professionale. Così è stato per Food Cost, calcolare in cucina o per il Menu management e per tutti gli altri. Ciascuno rappresenta una fotografia del Franco come chef, cuoco o docente. Leadership in cucina è il mio messaggio come culinary leader ed ha avuto origine, prima di tutto, in seguito alla mia lunga esperienza e dopo un lungo periodo di riflessione causato dal fermo obbligato durante la pandemia. Un momento che mi aiutato molto a prendere coscienza su come gestire le risorse umane per uscire dalle incertezze di questi tempi.
Il libro sottolinea come una lunga carriera fornisca una prospettiva. Gestisce la sua cucina in modo diverso oggi rispetto al passato? Come è cambiato personalmente come leader?
FL: Certo che sì! Nulla di quello che faccio adesso assomiglia al Franco di qualche anno fa. Più si invecchia e più si diventa saggi e critici sugli errori commessi in passato. Il cambiamento non è solo frutto di esperienze, nasce principalmente dall’ambiente che ci circonda, dai collaboratori e dalle esigenze che sorgono dalla clientela. Il cambiamento è conseguenza di una costante ricerca del nuovo e una ferrea volontà di restare al passo coi tempi. Sia per quanto riguarda i trend gastronomici sia per i necessari adattamenti che sorgono dal dover gestire giovani leve con aspettative ben diverse rispetto a quelle delle generazioni precedenti.
C’è chi sostiene che la cucina di un grande albergo sia la stessa in tutto il mondo. Lei ha avuto l’opportunità di gestire team in diversi Paesi (Italia, Portogallo, Israele, Repubblica Ceca). Le differenze culturali influiscono sullo stile di gestione? Dovrebbero?
FL: Le differenze di cultura influiscono sul modo in cui ci si approccia alla risoluzione di problemi all’interno del team. Per esempio, in Israele dovevo confrontarmi con persone di tre diverse religioni e con le specifiche tradizioni ad esse legate. Dovrebbero influire? Certamente. La leadership è un perfetto banco di studio per accettare e rispettare le unicità di ogni singolo individuo. È comunque importante rammentare ad ogni collaboratore che quando si entra in cucina si diventa prima di tutto un cuoco e questo va posto innanzi ad ogni concetto personale. Ognuno gioca il suo ruolo nella squadra per vincere e soddisfare il cliente.
In questo nuovo libro lei riconosce che la cucina professionale – e quindi le persone che vi lavorano – sta evolvendo più rapidamente che in passato. Pensa che la pandemia abbia catalizzato questo fenomeno o che i cambiamenti generazionali si stiano finalmente facendo sentire?
FL: La pandemia ha solo accelerato i tempi di una crisi pregressa, la ricerca del personale era già molto difficile, ora sta condizionando l’apertura o meno dei locali. Le aneddotiche che sento qua e là rilasciate da qualche chef sui mass media riguardo le nuove generazioni mi fanno sorridere. Credere che siano tutti fannulloni figli di papà senza ascoltare in profondità le loro ragioni lo vedo poco edificante. I giovani sono figli del nostro tempo e della nostra società, alias un ambiente creato da noi tutti. Quello che vedo è il risultato di scelte di politiche del lavoro assurde e di danni generati dalla gestione di attività ricettive in forma molto discutibile. Sono convinto che tra poco dovremo fare i conti per bene con tutte le scelte manageriali che si fanno per poter mantenere in vita un ristorante o un albergo. Gli eclatanti esempi di chiusure visti nelle settimane passate non saranno i soli, purtroppo.
Nel libro non evita argomenti controversi come le molestie sessuali in cucina, le aspettative dei lavoratori più giovani o il ruolo delle donne chef. Perché ha deciso di parlare di cose che sa che potrebbero allontanare alcuni lettori?
FL: Perché grazie al cielo, prima di essere uno chef sono un uomo cresciuto in modo anticonformista. Questo mi permette di vedere le cose sotto diverse angolazioni. Credo nel ruolo delle donne in cucina e sulla possibilità che possano diventare la VERA nuova generazione di chef. Basta dare loro la giusta opportunità e VISIBILITA’. Credo anche che ci siano tanti giovani che desiderano cucinare e continuare la tradizione gastronomica italiana e mondiale. Il fatto che lo vogliano fare “solo” per otto ore al giorno veramente ci deve spaventare?
Il libro offre molti spunti ai lettori per fare un esame di coscienza: ci sono link a test psicologici; c’è un incoraggiamento a identificare (e lasciare!) la propria zona di comfort; lei pone moltissime domande! Sembra che consideri una posizione di leadership non come un punto di arrivo, ma come una sorta di ruolo in continua evoluzione. Come è giunto a questa conclusione?
FL: La leadership E’ IN CONTINUA EVOLUZIONE. Per usare un esempio, direi che è come stare su una tavola da surf e saper stare in piedi su ogni tipologia di onda. Il segreto del successo è nel sapersi rinnovare, nel non aver paura dei cambiamenti. Affrontare nuove sfide fortifica e ampia la nostra zona di comfort.
Pensa che il libro possa essere utile anche a chi non dispone di una brigata, a chi gestisce la cucina di un piccolo ristorante o di un ristorante a conduzione familiare?
FL: Certamente! Il fatto che io sia leader di una grande brigata non deve essere deterrente per chi ha solo qualche collaboratore o gestisce la cucina con dei familiari. I temi che ho trattato sono universali e simili in ogni realtà ristorativa. Anzi, le voglio confessare che mia sorella, donna in pensione che faceva tutt’altro nella sua vita lavorativa, dopo aver letto una delle prime copie fresche di stampa, mi ha confidato di aver trovato molti spunti da poter applicare nella vita di tutti i giorni. Un buon leader, in effetti, attua molte delle sue prassi gestionali delle risorse umane anche in famiglia e con gli amici. Come dire, la leadership aiuta a stare bene con sè stessi e con gli altri.
In queste 120 pagine ci sono molte informazioni e spunti di interazione. Quale tipo di approccio offrirà ai lettori i migliori risultati?
FL: Ho scritto il libro pensando ad un ideale percorso formativo dal primo all’ultimo capitolo. Ciò nonostante, ogni parte del libro può essere presa in esame singolarmente, riletta ed affrontata in diversi momenti della propria attività. Dopo averlo letto tutto d’un fiato consiglio di usarlo come uno strumento di lavoro da tenere a portata di mano in caso di bisogno.
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid. Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine …
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in …
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Una conversazione con Franco Luise
Executive Chef dell’Hilton di Praga, Luise parla del sul ultimo libro dedicato alle resorse umane.
Metaforicamente parlando, il Franco Luise dei suoi libri precedenti non ha mai lasciato i fornelli. Tutti contengono consigli pratici per gli chef che cucinano, che creano nuovi menu, che testano attrezzature, ecc. Con Leadership in cucina ha deciso di concentrarsi sulle persone piuttosto che sul cibo. Come mai questo cambiamento?
FL: Credo che ognuno dei miei libri sia stato scritto in un preciso momento della mia vita professionale. Così è stato per Food Cost, calcolare in cucina o per il Menu management e per tutti gli altri. Ciascuno rappresenta una fotografia del Franco come chef, cuoco o docente. Leadership in cucina è il mio messaggio come culinary leader ed ha avuto origine, prima di tutto, in seguito alla mia lunga esperienza e dopo un lungo periodo di riflessione causato dal fermo obbligato durante la pandemia. Un momento che mi aiutato molto a prendere coscienza su come gestire le risorse umane per uscire dalle incertezze di questi tempi.
Il libro sottolinea come una lunga carriera fornisca una prospettiva. Gestisce la sua cucina in modo diverso oggi rispetto al passato? Come è cambiato personalmente come leader?
FL: Certo che sì! Nulla di quello che faccio adesso assomiglia al Franco di qualche anno fa. Più si invecchia e più si diventa saggi e critici sugli errori commessi in passato. Il cambiamento non è solo frutto di esperienze, nasce principalmente dall’ambiente che ci circonda, dai collaboratori e dalle esigenze che sorgono dalla clientela. Il cambiamento è conseguenza di una costante ricerca del nuovo e una ferrea volontà di restare al passo coi tempi. Sia per quanto riguarda i trend gastronomici sia per i necessari adattamenti che sorgono dal dover gestire giovani leve con aspettative ben diverse rispetto a quelle delle generazioni precedenti.
C’è chi sostiene che la cucina di un grande albergo sia la stessa in tutto il mondo. Lei ha avuto l’opportunità di gestire team in diversi Paesi (Italia, Portogallo, Israele, Repubblica Ceca). Le differenze culturali influiscono sullo stile di gestione? Dovrebbero?
FL: Le differenze di cultura influiscono sul modo in cui ci si approccia alla risoluzione di problemi all’interno del team. Per esempio, in Israele dovevo confrontarmi con persone di tre diverse religioni e con le specifiche tradizioni ad esse legate. Dovrebbero influire? Certamente. La leadership è un perfetto banco di studio per accettare e rispettare le unicità di ogni singolo individuo. È comunque importante rammentare ad ogni collaboratore che quando si entra in cucina si diventa prima di tutto un cuoco e questo va posto innanzi ad ogni concetto personale. Ognuno gioca il suo ruolo nella squadra per vincere e soddisfare il cliente.
In questo nuovo libro lei riconosce che la cucina professionale – e quindi le persone che vi lavorano – sta evolvendo più rapidamente che in passato. Pensa che la pandemia abbia catalizzato questo fenomeno o che i cambiamenti generazionali si stiano finalmente facendo sentire?
FL: La pandemia ha solo accelerato i tempi di una crisi pregressa, la ricerca del personale era già molto difficile, ora sta condizionando l’apertura o meno dei locali. Le aneddotiche che sento qua e là rilasciate da qualche chef sui mass media riguardo le nuove generazioni mi fanno sorridere. Credere che siano tutti fannulloni figli di papà senza ascoltare in profondità le loro ragioni lo vedo poco edificante. I giovani sono figli del nostro tempo e della nostra società, alias un ambiente creato da noi tutti. Quello che vedo è il risultato di scelte di politiche del lavoro assurde e di danni generati dalla gestione di attività ricettive in forma molto discutibile. Sono convinto che tra poco dovremo fare i conti per bene con tutte le scelte manageriali che si fanno per poter mantenere in vita un ristorante o un albergo. Gli eclatanti esempi di chiusure visti nelle settimane passate non saranno i soli, purtroppo.
Nel libro non evita argomenti controversi come le molestie sessuali in cucina, le aspettative dei lavoratori più giovani o il ruolo delle donne chef. Perché ha deciso di parlare di cose che sa che potrebbero allontanare alcuni lettori?
FL: Perché grazie al cielo, prima di essere uno chef sono un uomo cresciuto in modo anticonformista. Questo mi permette di vedere le cose sotto diverse angolazioni. Credo nel ruolo delle donne in cucina e sulla possibilità che possano diventare la VERA nuova generazione di chef. Basta dare loro la giusta opportunità e VISIBILITA’. Credo anche che ci siano tanti giovani che desiderano cucinare e continuare la tradizione gastronomica italiana e mondiale. Il fatto che lo vogliano fare “solo” per otto ore al giorno veramente ci deve spaventare?
Il libro offre molti spunti ai lettori per fare un esame di coscienza: ci sono link a test psicologici; c’è un incoraggiamento a identificare (e lasciare!) la propria zona di comfort; lei pone moltissime domande! Sembra che consideri una posizione di leadership non come un punto di arrivo, ma come una sorta di ruolo in continua evoluzione. Come è giunto a questa conclusione?
FL: La leadership E’ IN CONTINUA EVOLUZIONE. Per usare un esempio, direi che è come stare su una tavola da surf e saper stare in piedi su ogni tipologia di onda. Il segreto del successo è nel sapersi rinnovare, nel non aver paura dei cambiamenti. Affrontare nuove sfide fortifica e ampia la nostra zona di comfort.
Pensa che il libro possa essere utile anche a chi non dispone di una brigata, a chi gestisce la cucina di un piccolo ristorante o di un ristorante a conduzione familiare?
FL: Certamente! Il fatto che io sia leader di una grande brigata non deve essere deterrente per chi ha solo qualche collaboratore o gestisce la cucina con dei familiari. I temi che ho trattato sono universali e simili in ogni realtà ristorativa. Anzi, le voglio confessare che mia sorella, donna in pensione che faceva tutt’altro nella sua vita lavorativa, dopo aver letto una delle prime copie fresche di stampa, mi ha confidato di aver trovato molti spunti da poter applicare nella vita di tutti i giorni. Un buon leader, in effetti, attua molte delle sue prassi gestionali delle risorse umane anche in famiglia e con gli amici. Come dire, la leadership aiuta a stare bene con sè stessi e con gli altri.
In queste 120 pagine ci sono molte informazioni e spunti di interazione. Quale tipo di approccio offrirà ai lettori i migliori risultati?
FL: Ho scritto il libro pensando ad un ideale percorso formativo dal primo all’ultimo capitolo. Ciò nonostante, ogni parte del libro può essere presa in esame singolarmente, riletta ed affrontata in diversi momenti della propria attività. Dopo averlo letto tutto d’un fiato consiglio di usarlo come uno strumento di lavoro da tenere a portata di mano in caso di bisogno.
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