Verde Camilla Parmigiani è una Vegan Luxury Specialist italiana. Fondatrice e proprietaria di Vegan Set, il primo sito web sull’alta cucina vegetale. Con 18 anni di esperienza nel settore alberghiero, è una consulente di ospitalità che supporta hotel e gruppi alberghieri nella progettazione di servizi dedicati alle nuove sensibilità etiche, ambientali e salutistiche dei clienti. Li aiuta a migliorare l’offerta 100% vegetale esistente oppure a crearla da zero, nel pieno rispetto dello stile della casa e degli standard dell’ospitalità di lusso.
Dopo tanti anni di esperienza nell’hôtellerie, il passaggio da Assistant General Manager all’attuale attività è stata una naturale evoluzione o il frutto di una meditata scelta?
Ho voluto inseguire un sogno. Volevo contribuire in prima linea alla diffusione ed allo sviluppo di una gastronomia vegetale fine dining restando a stretto contatto con il mondo dell’ospitalità che amo profondamente. E’ stato illuminante scoprire che una mia urgenza personale si sposava alla perfezione con una grande opportunità di business.
Può raccontarci in sintesi la sua impresa Vegan Set e spiegarci la sua consulenza in cosa esattamente consiste a chi si rivolge e come si sviluppa in concreto?
Vegan Set nasce nel 2016 come Blog sull’alta ristorazione vegetale. Oggi è una società di consulenza dedicata al mondo dell’ospitalità di lusso.
Il mio core business sono le consulenze alberghiere. In sostanza supporto gli hotel nella creazione di un carnet di esperienze in grado di soddisfare la clientela vegana, oppure semplicemente ‘health oriented’, con esclusività ed eleganza. L’iniziativa è solitamente della Proprietà o dei General Managers. E’ loro la visione e l’interpretazione delle tendenze.
Partendo da un’analisi e dalla definizione degli obiettivi, l’attività si sviluppa in creazione dei menù, aggiornamento delle carte dei vini e carte bar, progettazione di amenities e dettagli in camera, formazione del personale e selezione dei migliori produttori certificati vegani o vegan friendly.
La consulenza è un processo appassionante che si sviluppa in sinergia con gli chef ed i capiservizio. L’elemento chiave sono le singole professionalità già presenti in Albergo. La mia non è una sovrapposizione rispetto alle loro competenze, ma un’integrazione che consente loro di esprimersi e di tradurre ciò che già sanno fare bene in chiave 100% vegetale. Non calo soluzioni dall’alto. Propongo una gamma di possibilità in grado di rendere ogni esperienza unica e non replicabile.
Quanta importanza ha nel percorso di apertura alla cucina vegana una perfetta conoscenza di tutte le tecniche di preparazione e di cottura degli alimenti?
Senz’altro è la base. Come per qualsiasi tipo di cucina, conoscere il modo in cui gli ingredienti vengono trasformati e l’impatto delle varie metodologie sui nutrienti è essenziale. Essendo tuttavia la cucina vegetale ancora in divenire, ci sono grossi margini di sperimentazione e scoperta.
Le nuove tecnologie e le aziende che creano nuovi macchinari di lavorazione e cottura, secondo lei hanno una sufficiente attenzione all’argomento? E’ un mercato in crescita? Qualche suggerimento?
In Italia si fatica ancora molto, c’è diffidenza. Il mercato dei produttori, sia di strumentazioni che di materie prime, è ancora circoscritto. La clientela di Hotel e Ristoranti, sopratutto internazionale, è sempre più sensibile, ma il mercato sembra faticare nello stare al passo con le nuove esigenze.
Si parla molto di greenwashing, quella tecnica di marketing ammiccante che utilizzano alcune aziende per attirare clientela attraverso una comunicazione eco friendly, spesso solo di facciata. Lei come la pensa in proposito?
Si approfitta della confusione per inserire alcune marginali modifiche, senza un reale progetto ambientale o ecologico. Se si escludono le realtà seriamente coinvolte e che hanno investito in riconversioni o in tagli sostanziali, sono molte le ‘ecologicità’ di convenienza. Rispetto a questo tema, tuttavia, l’approccio vegan friendly gode di un’attenzione diversa. Non è ancora metabolizzato il concetto per cui l’alimentazione vegetale è più sostenibile, quindi è uno spazio ancora non contaminato dal greenwashing.
Le è mai capitato di capire che il suo interlocutore non era realmente interessato a soddisfare le esigenze di una clientela vegana, ma che il suo intento era solo quello di farsi un po’ di pubblicità, di aumentare la propria visibilità?
Nell’esperienza maturata sino ad oggi ho sempre riscontrato un genuino interesse. Partendo spesso da una curiosità, ho sviluppato progetti con professionisti che ambiscono a proporre il meglio alla loro clientela e che, pertanto, intendono garantire un servizio eccellente anche a quella più ‘sensibile’.
La parola “vegan” esiste in tutto il mondo anche se ovviamente viene declinata da Paese a Paese con ingredienti e preparazioni collegate alle zone di appartenenza. Lei come si regola rispetto a questa molteplicità di possibilità?
Le mie consulenze si basano sul garantire ad ogni struttura la creazione di uno stile proprio e questo è possibile ‘traducendo’ lo stile della casa in una sua versione epurata da tutte le proteine animali. Ingredienti locali, stagionalità e modalità di cottura tradizionali possono garantire la creazione di proposte assolutamente complete. L’integrazione con alcune tecniche più moderne o esotiche può essere tuttavia la nota vincente. Un esempio su tutti il tempeh. Preparazione molto utilizzata nella cucina vegetale presente nel sud-est asiatico già a partire dal sedicesimo secolo. Il fatto che possa essere realizzato partendo da qualsiasi legume o pianta erbacea (quali miglio o ceci ad esempio), quindi anche autoctoni, lo rende una fonte proteica versatile dalle illimitate interpretazioni culinarie.
Suggerisce agli chef di far assaggiare ai clienti le preparazioni tipiche locali, oppure consiglia di procurarsi prodotti che ogni ospite è maggiormente abituato a consumare?
Mi piace paragonare la cucina al tennis. I campioni fanno il loro gioco, non si adattano mai a quello dell’avversario. Quindi proporre il proprio stile, a prescindere dalle aspettative, credo sia la formula vincente. Ad un ospite americano che soggiorna in un Hotel in Italia non farei di certo trovare del ‘bacon’ vegetale. Meglio una ricotta di mandorle fatta in casa.
Può definire in una sola frase, in un solo concetto, cosa dovrebbe significare per uno chef aprirsi all’ospitalità vegana?
“È una nuova lingua.” Quando si tratta di offrire un’esperienza unica ed emozionante ai propri ospiti è come parlare una nuova lingua. Se la comunicazione e la comprensione sono i due pilastri dell’ospitalità parlare la stessa lingua dei propri clienti è un passo essenziale verso di loro. Come un ospite capisce se il tuo “portoghese”, “francese” o “mandarino” è insufficiente, lo stesso accadrà quando si tratta di cibo. La conoscenza delle esigenze e preferenze alimentari deve essere il tuo nuovo vocabolario.
Il problema di una alimentazione mondiale sostenibile è uno degli argomenti più interessanti e discussi, lei pensa che il veganesimo sia una delle opzioni che possono rispondere meglio di altri criteri alimentari ad una scelta praticabile e rispondente ad un mercato economico realistico?
L’alimentazione vegetale è la più sostenibile per il nostro pianeta, oltre ad essere quella con il miglior impatto sulla nostra salute. Sostenibile per il minor consumo di acqua, suolo e di emissione di co2. Significativo al riguardo il pensiero di Daniel Humm di Eleven Madison Park tre stelle Michelin a Manhattan: ‘Abbiamo sempre operato con sensibilità per l’impatto che abbiamo sul nostro ambiente, ma stava diventando più chiaro che l’attuale sistema alimentare non è semplicemente sostenibile, in tanti modi.’ In termini economici, il trend è in crescita esponenziale. Io vedo solo opportunità.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a velocissimi cambiamenti e tendenze nel mondo del bartending anche in relazione al mondo della ristorazione. Penso che questi due ambiti professionali abbiano ripreso a dialogare tra loro una decina di anni fa con la comparsa del mixologist e dello chef molecolare, tu sei d’accordo? Si pienamente d’accordo! Dopo l’inserimento, almeno …
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid. Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine …
Elisa Pozzi, 31 anni, dopo gli studi di Agraria alla Statale di Milano e quelli all’American School of Milan, decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia: un allevamento di Frisone a Zibido San Giacomo, alle porte di Milano.
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Intervista Verde Camilla Parmigiani
Verde Camilla Parmigiani è una Vegan Luxury Specialist italiana. Fondatrice e proprietaria di Vegan Set, il primo sito web sull’alta cucina vegetale. Con 18 anni di esperienza nel settore alberghiero, è una consulente di ospitalità che supporta hotel e gruppi alberghieri nella progettazione di servizi dedicati alle nuove sensibilità etiche, ambientali e salutistiche dei clienti. Li aiuta a migliorare l’offerta 100% vegetale esistente oppure a crearla da zero, nel pieno rispetto dello stile della casa e degli standard dell’ospitalità di lusso.
Dopo tanti anni di esperienza nell’hôtellerie, il passaggio da Assistant General Manager all’attuale attività è stata una naturale evoluzione o il frutto di una meditata scelta?
Ho voluto inseguire un sogno. Volevo contribuire in prima linea alla diffusione ed allo sviluppo di una gastronomia vegetale fine dining restando a stretto contatto con il mondo dell’ospitalità che amo profondamente. E’ stato illuminante scoprire che una mia urgenza personale si sposava alla perfezione con una grande opportunità di business.
Può raccontarci in sintesi la sua impresa Vegan Set e spiegarci la sua consulenza in cosa esattamente consiste a chi si rivolge e come si sviluppa in concreto?
Vegan Set nasce nel 2016 come Blog sull’alta ristorazione vegetale. Oggi è una società di consulenza dedicata al mondo dell’ospitalità di lusso.
Il mio core business sono le consulenze alberghiere. In sostanza supporto gli hotel nella creazione di un carnet di esperienze in grado di soddisfare la clientela vegana, oppure semplicemente ‘health oriented’, con esclusività ed eleganza. L’iniziativa è solitamente della Proprietà o dei General Managers. E’ loro la visione e l’interpretazione delle tendenze.
Partendo da un’analisi e dalla definizione degli obiettivi, l’attività si sviluppa in creazione dei menù, aggiornamento delle carte dei vini e carte bar, progettazione di amenities e dettagli in camera, formazione del personale e selezione dei migliori produttori certificati vegani o vegan friendly.
La consulenza è un processo appassionante che si sviluppa in sinergia con gli chef ed i capiservizio. L’elemento chiave sono le singole professionalità già presenti in Albergo. La mia non è una sovrapposizione rispetto alle loro competenze, ma un’integrazione che consente loro di esprimersi e di tradurre ciò che già sanno fare bene in chiave 100% vegetale. Non calo soluzioni dall’alto. Propongo una gamma di possibilità in grado di rendere ogni esperienza unica e non replicabile.
Quanta importanza ha nel percorso di apertura alla cucina vegana una perfetta conoscenza di tutte le tecniche di preparazione e di cottura degli alimenti?
Senz’altro è la base. Come per qualsiasi tipo di cucina, conoscere il modo in cui gli ingredienti vengono trasformati e l’impatto delle varie metodologie sui nutrienti è essenziale. Essendo tuttavia la cucina vegetale ancora in divenire, ci sono grossi margini di sperimentazione e scoperta.
Le nuove tecnologie e le aziende che creano nuovi macchinari di lavorazione e cottura, secondo lei hanno una sufficiente attenzione all’argomento? E’ un mercato in crescita? Qualche suggerimento?
In Italia si fatica ancora molto, c’è diffidenza. Il mercato dei produttori, sia di strumentazioni che di materie prime, è ancora circoscritto. La clientela di Hotel e Ristoranti, sopratutto internazionale, è sempre più sensibile, ma il mercato sembra faticare nello stare al passo con le nuove esigenze.
Si parla molto di greenwashing, quella tecnica di marketing ammiccante che utilizzano alcune aziende per attirare clientela attraverso una comunicazione eco friendly, spesso solo di facciata. Lei come la pensa in proposito?
Si approfitta della confusione per inserire alcune marginali modifiche, senza un reale progetto ambientale o ecologico. Se si escludono le realtà seriamente coinvolte e che hanno investito in riconversioni o in tagli sostanziali, sono molte le ‘ecologicità’ di convenienza. Rispetto a questo tema, tuttavia, l’approccio vegan friendly gode di un’attenzione diversa. Non è ancora metabolizzato il concetto per cui l’alimentazione vegetale è più sostenibile, quindi è uno spazio ancora non contaminato dal greenwashing.
Le è mai capitato di capire che il suo interlocutore non era realmente interessato a soddisfare le esigenze di una clientela vegana, ma che il suo intento era solo quello di farsi un po’ di pubblicità, di aumentare la propria visibilità?
Nell’esperienza maturata sino ad oggi ho sempre riscontrato un genuino interesse. Partendo spesso da una curiosità, ho sviluppato progetti con professionisti che ambiscono a proporre il meglio alla loro clientela e che, pertanto, intendono garantire un servizio eccellente anche a quella più ‘sensibile’.
La parola “vegan” esiste in tutto il mondo anche se ovviamente viene declinata da Paese a Paese con ingredienti e preparazioni collegate alle zone di appartenenza. Lei come si regola rispetto a questa molteplicità di possibilità?
Le mie consulenze si basano sul garantire ad ogni struttura la creazione di uno stile proprio e questo è possibile ‘traducendo’ lo stile della casa in una sua versione epurata da tutte le proteine animali. Ingredienti locali, stagionalità e modalità di cottura tradizionali possono garantire la creazione di proposte assolutamente complete. L’integrazione con alcune tecniche più moderne o esotiche può essere tuttavia la nota vincente. Un esempio su tutti il tempeh. Preparazione molto utilizzata nella cucina vegetale presente nel sud-est asiatico già a partire dal sedicesimo secolo. Il fatto che possa essere realizzato partendo da qualsiasi legume o pianta erbacea (quali miglio o ceci ad esempio), quindi anche autoctoni, lo rende una fonte proteica versatile dalle illimitate interpretazioni culinarie.
Suggerisce agli chef di far assaggiare ai clienti le preparazioni tipiche locali, oppure consiglia di procurarsi prodotti che ogni ospite è maggiormente abituato a consumare?
Mi piace paragonare la cucina al tennis. I campioni fanno il loro gioco, non si adattano mai a quello dell’avversario. Quindi proporre il proprio stile, a prescindere dalle aspettative, credo sia la formula vincente. Ad un ospite americano che soggiorna in un Hotel in Italia non farei di certo trovare del ‘bacon’ vegetale. Meglio una ricotta di mandorle fatta in casa.
Può definire in una sola frase, in un solo concetto, cosa dovrebbe significare per uno chef aprirsi all’ospitalità vegana?
“È una nuova lingua.” Quando si tratta di offrire un’esperienza unica ed emozionante ai propri ospiti è come parlare una nuova lingua. Se la comunicazione e la comprensione sono i due pilastri dell’ospitalità parlare la stessa lingua dei propri clienti è un passo essenziale verso di loro. Come un ospite capisce se il tuo “portoghese”, “francese” o “mandarino” è insufficiente, lo stesso accadrà quando si tratta di cibo. La conoscenza delle esigenze e preferenze alimentari deve essere il tuo nuovo vocabolario.
Il problema di una alimentazione mondiale sostenibile è uno degli argomenti più interessanti e discussi, lei pensa che il veganesimo sia una delle opzioni che possono rispondere meglio di altri criteri alimentari ad una scelta praticabile e rispondente ad un mercato economico realistico?
L’alimentazione vegetale è la più sostenibile per il nostro pianeta, oltre ad essere quella con il miglior impatto sulla nostra salute. Sostenibile per il minor consumo di acqua, suolo e di emissione di co2. Significativo al riguardo il pensiero di Daniel Humm di Eleven Madison Park tre stelle Michelin a Manhattan: ‘Abbiamo sempre operato con sensibilità per l’impatto che abbiamo sul nostro ambiente, ma stava diventando più chiaro che l’attuale sistema alimentare non è semplicemente sostenibile, in tanti modi.’ In termini economici, il trend è in crescita esponenziale. Io vedo solo opportunità.
Related Posts
Conversazione con Diego Ferrari
Negli ultimi anni abbiamo assistito a velocissimi cambiamenti e tendenze nel mondo del bartending anche in relazione al mondo della ristorazione. Penso che questi due ambiti professionali abbiano ripreso a dialogare tra loro una decina di anni fa con la comparsa del mixologist e dello chef molecolare, tu sei d’accordo? Si pienamente d’accordo! Dopo l’inserimento, almeno …
Reset – Marcello Salvatori – Pasticceria Ziva, Milano
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid. Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine …
Conversazione con Elisa Pozzi
Elisa Pozzi, 31 anni, dopo gli studi di Agraria alla Statale di Milano e quelli all’American School of Milan, decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia: un allevamento di Frisone a Zibido San Giacomo, alle porte di Milano.
ll nostro uomo a Hong Kong
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …