I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie. Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca.
Inauguriamo la serie esplorando gli scaffali di Valerio Massimo Visintin, critico gastronomico (in incognito) per il Corriere della Sera, autore della nota guida Pappa Milano, il romanzo L’ombra del cuoco e l’indimenticabile, Osti sull’orlo di una crisi di nervi.
– Da quanti anni raccoglie libri di cucina? Si ricorda il primo che ha comprato?
Mentirei se affermassi che sono un collezionista del genere. Ma ci sono un paio di volumi che ritengo fondamentali nella mia libreria, anche al di là dello specifico gastronomico. Ovvero (cito in ordine casuale) “Le ricette regionali italiane” di Anna Gosetti della Salda, preziosa enciclopedia della nostra tradizione. E il “Contaminuti” di Elena Spagnol, raro esempio di ironia e delicatezza letteraria applicata alla ruvida didattica gastronomica.
– Quanti volumi fanno parte della sua biblioteca culinaria personale?
Mi vengono spediti moltissimi libri a tema gastronomico. Ma sono un uomo ad alto tasso di disorganizzazione. E finisco per dimenticarli negli angoli del mio studio, dove fioriscono colonne di libri d’ogni genere, come piante. Pertanto, mi è impossibile azzardare una cifra.
– Raccoglie libri in più lingue?
Parlo, leggo e scrivo in un idioma soltanto. E me ne vergogno con moderazione.
– Dove sono custoditi questi libri e come sono organizzati? Ha un sistema che le permette di trovare un volume velocemente oppure è spesso una caccia al tesoro?
I libri che più amo sono allineati su quattro scaffali verdi della parete qui davanti. E stanno in un ordine precario, ma abbastanza funzionale. Altri, che sento ancor più intimamente legati, ingombrano la mia scrivania uno sull’altro, come torrette. Il resto è un mare indistinto.
– È un accumulatore seriale oppure, ogni tanto, elimina i volumi che non le interessano più? Come si immagina la sua biblioteca fra 20 anni?
Accumulo per pigrizia. Ma quando la cortina libraria raggiunge livelli di guardia, butto via o regalo senza rimpianti. In fondo, credo che sia un sintomo della mezza età: ci si affeziona ai ricordi e si perde interesse per oggetti. Tra vent’anni, forse sarò io stesso un libro.
– Le interessano gli e-book o le APP del settore culinario? Pensa che arriverà il momento che abbandonerà la carta a favore di una biblioteca elettronica?
Amo i libri di carta, ma senza feticismi. Sono convinto che offrano un punto di vista differente rispetto agli e-book. Perché il tatto accorcia le distanze, assorbe; induce a una lettura più profonda e straniante. Ma questo è un vantaggio che si coglie nella narrativa. Per i libri di studio o di consultazione, per la manualistica e i ricettari (tanto per restare in tema) il discorso si ribalta. La praticità del mezzo elettronico vince sul fascino del volume in carta e colla.
– È geloso dei suoi libri? Li presta?
Dei libri che amo sono gelosissimo. E non li presto nemmeno a fronte di suppliche o minacce. Nel migliore dei casi, ne acquisto un’altra copia (sempre che sia in commercio), per farne regalo.
– Le capita di regalare libri di cucina?
Riciclo quelli che regalano a me (ma la cosa resti tra noi…).
– Scrive nei suoi libri? Aggiunge note su ricette provate, commenti, critiche all’autore?
No, mai. Mi hanno severamente educato a rispettare i libri come se fossero un piccolo patrimonio da non intaccare. A quell’imprinting, mi adeguo tassativamente. Però, spesso farcisco le pagine di foglietti segnaletici.
– Il libro di cucina l’accompagna fino al comodino? Dove lo preferisce leggere?
I libri di cucina, li leggo in cucina, perbacco. Sul comodino tengo letture che non facciano venire appetito. Altrimenti, chi dorme più?
– Esiste un libro di cucina particolare che desidererebbe possedere, ma che non è mai riuscito a trovare?
Il prezioso ricettario dello straordinario Chef Vincenzo Prezzo (introvabile, tuttavia, poiché si tratta di un personaggio al quale ho dato vita io stesso, come simbolo di una certa deriva gastronomica dell’alta cucina).
– Se capitasse un disastro e fosse possibile salvare solo 5 titoli della sua biblioteca culinaria, quali libri sceglierebbe? Perché?
Chiedo scusa, ma a cinque non ci arrivo. Oltre ai due titoli che ho citato al principio (“Le ricette regionali italiane” e “Contaminuti”), salverei l’Artusi e il quadernetto di appunti che ci lasciò mia madre. Non è tra la polvere della mia biblioteca. Lo custodisce amorevolmente mia sorella. Ma non ha importanza quale sia la sua collocazione fisica. Lo porterò sempre con me, nel cuore.
Classe 1981, a quattordici anni lascia il suo paese per iniziare a lavorare come cameriere. Così dal gradino più basso della gerarchia della cucina, inizia la sua scalata che lo porta alla corte di grandi maestri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse. A 25 anni sceglie di tornare a San Gennaro Vesuviano, dove decide di …
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Lo shelfie – Valerio Massimo Visintin
I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie. Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca.
Inauguriamo la serie esplorando gli scaffali di Valerio Massimo Visintin, critico gastronomico (in incognito) per il Corriere della Sera, autore della nota guida Pappa Milano, il romanzo L’ombra del cuoco e l’indimenticabile, Osti sull’orlo di una crisi di nervi.
– Da quanti anni raccoglie libri di cucina? Si ricorda il primo che ha comprato?
Mentirei se affermassi che sono un collezionista del genere. Ma ci sono un paio di volumi che ritengo fondamentali nella mia libreria, anche al di là dello specifico gastronomico. Ovvero (cito in ordine casuale) “Le ricette regionali italiane” di Anna Gosetti della Salda, preziosa enciclopedia della nostra tradizione. E il “Contaminuti” di Elena Spagnol, raro esempio di ironia e delicatezza letteraria applicata alla ruvida didattica gastronomica.
– Quanti volumi fanno parte della sua biblioteca culinaria personale?
Mi vengono spediti moltissimi libri a tema gastronomico. Ma sono un uomo ad alto tasso di disorganizzazione. E finisco per dimenticarli negli angoli del mio studio, dove fioriscono colonne di libri d’ogni genere, come piante. Pertanto, mi è impossibile azzardare una cifra.
– Raccoglie libri in più lingue?
Parlo, leggo e scrivo in un idioma soltanto. E me ne vergogno con moderazione.
– Dove sono custoditi questi libri e come sono organizzati? Ha un sistema che le permette di trovare un volume velocemente oppure è spesso una caccia al tesoro?
I libri che più amo sono allineati su quattro scaffali verdi della parete qui davanti. E stanno in un ordine precario, ma abbastanza funzionale. Altri, che sento ancor più intimamente legati, ingombrano la mia scrivania uno sull’altro, come torrette. Il resto è un mare indistinto.
– È un accumulatore seriale oppure, ogni tanto, elimina i volumi che non le interessano più? Come si immagina la sua biblioteca fra 20 anni?
Accumulo per pigrizia. Ma quando la cortina libraria raggiunge livelli di guardia, butto via o regalo senza rimpianti. In fondo, credo che sia un sintomo della mezza età: ci si affeziona ai ricordi e si perde interesse per oggetti. Tra vent’anni, forse sarò io stesso un libro.
– Le interessano gli e-book o le APP del settore culinario? Pensa che arriverà il momento che abbandonerà la carta a favore di una biblioteca elettronica?
Amo i libri di carta, ma senza feticismi. Sono convinto che offrano un punto di vista differente rispetto agli e-book. Perché il tatto accorcia le distanze, assorbe; induce a una lettura più profonda e straniante. Ma questo è un vantaggio che si coglie nella narrativa. Per i libri di studio o di consultazione, per la manualistica e i ricettari (tanto per restare in tema) il discorso si ribalta. La praticità del mezzo elettronico vince sul fascino del volume in carta e colla.
– È geloso dei suoi libri? Li presta?
Dei libri che amo sono gelosissimo. E non li presto nemmeno a fronte di suppliche o minacce. Nel migliore dei casi, ne acquisto un’altra copia (sempre che sia in commercio), per farne regalo.
– Le capita di regalare libri di cucina?
Riciclo quelli che regalano a me (ma la cosa resti tra noi…).
– Scrive nei suoi libri? Aggiunge note su ricette provate, commenti, critiche all’autore?
No, mai. Mi hanno severamente educato a rispettare i libri come se fossero un piccolo patrimonio da non intaccare. A quell’imprinting, mi adeguo tassativamente. Però, spesso farcisco le pagine di foglietti segnaletici.
– Il libro di cucina l’accompagna fino al comodino? Dove lo preferisce leggere?
I libri di cucina, li leggo in cucina, perbacco. Sul comodino tengo letture che non facciano venire appetito. Altrimenti, chi dorme più?
– Esiste un libro di cucina particolare che desidererebbe possedere, ma che non è mai riuscito a trovare?
Il prezioso ricettario dello straordinario Chef Vincenzo Prezzo (introvabile, tuttavia, poiché si tratta di un personaggio al quale ho dato vita io stesso, come simbolo di una certa deriva gastronomica dell’alta cucina).
– Se capitasse un disastro e fosse possibile salvare solo 5 titoli della sua biblioteca culinaria, quali libri sceglierebbe? Perché?
Chiedo scusa, ma a cinque non ci arrivo. Oltre ai due titoli che ho citato al principio (“Le ricette regionali italiane” e “Contaminuti”), salverei l’Artusi e il quadernetto di appunti che ci lasciò mia madre. Non è tra la polvere della mia biblioteca. Lo custodisce amorevolmente mia sorella. Ma non ha importanza quale sia la sua collocazione fisica. Lo porterò sempre con me, nel cuore.
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