Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa e un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come viene recepita la tradizione culinaria italiana in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città )
Chef proprietario Tèrra Restaurant di Copenaghen
Perché Copenaghen? Cosa ha reso questa città il posto giusto per Tèrra? Perché è una città in continua evoluzione come lo siamo noi. Ed essendo la Terra anche essa in continua evoluzione abbiamo voluto unire le due cose. Copenaghen era il terreno fertile per realizzare i nostri progetti – un humus di avanguardia, innovazione, ricerca e sostenibilità – dove far crescere idee e sogni!
I ristoranti nordici, e Copenaghen in particolare, sono stati l’epicentro di molta innovazione e turismo gastronomico. Lei trova che questo fatto alzi la barra delle aspettative? C’è stato un “effetto collaterale” per le insegne nuove? Certamente, noi ne siamo l’esempio, ma, allo stesso tempo, è stato anche un modo per crescere, spingersi oltre ed osare per mettersi in gioco con i più grandi; non a caso molti cuochi sono passati da qui nell’ultimo decennio. Ma sicuramente emergere non è facile…
In che modo la sua creatività è stata influenzata dal nuovo contesto? Sicuramente due aspetti del contesto hanno influenzato la mia creatività. Da una parte l’estetica minimalista e funzionale danese-nordica, dall’altra la poca varietà delle materie disponibili in loco. Essendo un ristorante sostenibile e stagionale e utilizzando principalmente ingredienti poveri (la cucina Italiana insegna), mi sono avvalso della mia creatività per preservare ed estrapolare il massimo da ogni ingrediente; infatti per me alla base di tutto, prima di iniziare a cucinare, si rispetta l’ingrediente. Da qui ho caratterizzato il mio stile di vedere la cucina di oggi e di delineare a mio modo quella del domani.
Cavolfiore viola
Cosa lo ha colpito maggiormente delle abitudini o dei gusti alimentari della popolazione della sua città adottiva? C’è un aspetto della cucina danese che non manca mai: sapori decisi acidi e, allo stesso tempo, dolci e persistenti, gli stessi gusti che le mie lontane radici siciliane mi raccontano. Il tutto mi ha incuriosito e mi ha fatto ricercare ricette sulle basi di questi canoni gustativi che però riportassero in Italia. La mia veracità romana ha completato con esplosioni per le papille gustative andando diretti al cervello, per evocare memorie di luoghi, profumi e ricordi.
Le è capitato di scontrarsi con preconcetti sulla cucina italiana? Che armi ha uno chef per combattere i cliché? Si sente un ambasciatore del gusto? Certamente. Sotto l’aspetto culinario abbiamo la fortuna di essere italiani da un lato, ma dall’altro no, perché è facile paragonare la cucina italiana sempre ai soli stereotipi di piatti quali pasta e pizza. Per questo, se si vuol dare una propria interpretazione dalla nuova cucina italiana fatta da giovani non è facile. Una delle armi vincenti che costa tempo è puntare sin da subito sulla qualità e sull’onestà.
Nel 2014, come primo step abbiamo aperto il__mattarello un pastificio biologico artigianale con laboratorio a vista e cottura espressa della pasta con l’obbiettivo di preparare piatti autentici e di qualità. Iniziando quel lungo percorso di “educazione culinaria” ad una cucina autentica italiana: la pasta al dente, da romani paste come la carbonara, l’amatriciana e la cacio e pepe) … insomma tutti i cliché della cucina italiana all’estero!
Guancia di manzo
Un ingrediente locale di cui non si potrebbe più fare a meno? (Eddike) L’aceto di cetriolo. (Dolce e aromatico)
Una sua creazione di cui è particolarmente soddisfatto? Essendo tutte mie creazioni, ricette ce ne sono varie, tra le quali spicca:
Coda aguglia, il suo fumetto e il nostro katsaboushi di sgombro fatto in casa (Primavera 2020).
Questo piatto nasce dopo il lockdown con l’esigenza di esprimerci ancor di più sotto l’aspetto della sostenibilità e concetto di zero sprechi intrapreso dal nostro ristorante sin dal 2017 cercando di educare e sensibilizzare la nostra clientela. Avendo in menu’ un filetto di aguglia, pesce povero che si trova anche nei mari del nord in grande quantità durante la primavera, ci siamo ritrovati con tante teste e code; mentre teste e lische le abbiamo utilizzate per il nostro fumetto, la coda è stata impiegata per rendere omaggio ai nostri antenati che la descrivevano come la parte più succulenta. Grigliata come nei barbecue, glassata con soya per donare sapidità e mangiata con le mani per stimolare tutti i sensi e, soprattutto, per far godere i commensali della nostra giostra.
Coda di aguglia
Pomodoro in conserva, la sua acqua e olio di origano.
Questo piatto l’ho pensato come se stessi vivendo un momento di ricordo d’estate in veranda. Ho voluto perciò sognare questo percorso evocativo insieme ai miei ospiti.
Ed infine la pasta, essendo proprietari del pastificio biologico il__mattarello, nella sua essenza elemento distintivo della cucina italiana, ma anche difficile da proporre in maniera futurista come stiamo facendo noi. Tra i signature del pastificio – tortelli funghi di bosco, soya e burro nocciola; e del ristorante Tèrra – cappelletti zucca, brodo di croste di Parmigiano e angostura.
Ad oggi, tutti gli chef che abbiamo intervistato per questa rubrica lavorano in grandi strutture internazionali. Lei è un imprenditore indipendente. Ci racconta in che modo questa libertà ha aiutato e/o ostacolato il suo progetto. La mia fortuna è la libertà di espressione, osando e provocando i rischi ovviamente sono in eguale misura
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce Copenaghen, cosa consiglia di vedere dato il suo ruolo di “insider”? Prima di tutto, visitarla nel periodo primavera estate, la luce, il sole e, soprattutto, le persone donano alla città un’atmosfera magica.
I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie. Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca. Inauguriamo la serie esplorando gli scaffali di Valerio Massimo Visintin, critico gastronomico (in incognito) per il Corriere della Sera, autore della nota guida Pappa Milano, …
Verde Camilla Parmigiani è una Vegan Luxury Specialist italiana. Fondatrice e proprietaria di Vegan Set, il primo sito web sull’alta cucina vegetale. Con 18 anni di esperienza nel settore alberghiero, è una consulente di ospitalità che supporta hotel e gruppi alberghieri nella progettazione di servizi dedicati alle nuove sensibilità etiche, ambientali e salutistiche dei clienti. …
Elisa Pozzi, 31 anni, dopo gli studi di Agraria alla Statale di Milano e quelli all’American School of Milan, decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia: un allevamento di Frisone a Zibido San Giacomo, alle porte di Milano.
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid. Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine …
Il nostro uomo a Copenaghen
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa e un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come viene recepita la tradizione culinaria italiana in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città )
Chef proprietario Tèrra Restaurant di Copenaghen
Perché Copenaghen? Cosa ha reso questa città il posto giusto per Tèrra?
Perché è una città in continua evoluzione come lo siamo noi. Ed essendo la Terra anche essa in continua evoluzione abbiamo voluto unire le due cose. Copenaghen era il terreno fertile per realizzare i nostri progetti – un humus di avanguardia, innovazione, ricerca e sostenibilità – dove far crescere idee e sogni!
I ristoranti nordici, e Copenaghen in particolare, sono stati l’epicentro di molta innovazione e turismo gastronomico. Lei trova che questo fatto alzi la barra delle aspettative? C’è stato un “effetto collaterale” per le insegne nuove?
Certamente, noi ne siamo l’esempio, ma, allo stesso tempo, è stato anche un modo per crescere, spingersi oltre ed osare per mettersi in gioco con i più grandi; non a caso molti cuochi sono passati da qui nell’ultimo decennio. Ma sicuramente emergere non è facile…
In che modo la sua creatività è stata influenzata dal nuovo contesto?
Sicuramente due aspetti del contesto hanno influenzato la mia creatività. Da una parte l’estetica minimalista e funzionale danese-nordica, dall’altra la poca varietà delle materie disponibili in loco. Essendo un ristorante sostenibile e stagionale e utilizzando principalmente ingredienti poveri (la cucina Italiana insegna), mi sono avvalso della mia creatività per preservare ed estrapolare il massimo da ogni ingrediente; infatti per me alla base di tutto, prima di iniziare a cucinare, si rispetta l’ingrediente. Da qui ho caratterizzato il mio stile di vedere la cucina di oggi e di delineare a mio modo quella del domani.
Cavolfiore viola
Cosa lo ha colpito maggiormente delle abitudini o dei gusti alimentari della popolazione della sua città adottiva?
C’è un aspetto della cucina danese che non manca mai: sapori decisi acidi e, allo stesso tempo, dolci e persistenti, gli stessi gusti che le mie lontane radici siciliane mi raccontano. Il tutto mi ha incuriosito e mi ha fatto ricercare ricette sulle basi di questi canoni gustativi che però riportassero in Italia. La mia veracità romana ha completato con esplosioni per le papille gustative andando diretti al cervello, per evocare memorie di luoghi, profumi e ricordi.
Le è capitato di scontrarsi con preconcetti sulla cucina italiana? Che armi ha uno chef per combattere i cliché? Si sente un ambasciatore del gusto?
Certamente. Sotto l’aspetto culinario abbiamo la fortuna di essere italiani da un lato, ma dall’altro no, perché è facile paragonare la cucina italiana sempre ai soli stereotipi di piatti quali pasta e pizza. Per questo, se si vuol dare una propria interpretazione dalla nuova cucina italiana fatta da giovani non è facile. Una delle armi vincenti che costa tempo è puntare sin da subito sulla qualità e sull’onestà.
Nel 2014, come primo step abbiamo aperto il__mattarello un pastificio biologico artigianale con laboratorio a vista e cottura espressa della pasta con l’obbiettivo di preparare piatti autentici e di qualità. Iniziando quel lungo percorso di “educazione culinaria” ad una cucina autentica italiana: la pasta al dente, da romani paste come la carbonara, l’amatriciana e la cacio e pepe) … insomma tutti i cliché della cucina italiana all’estero!
Guancia di manzo
Un ingrediente locale di cui non si potrebbe più fare a meno?
(Eddike) L’aceto di cetriolo. (Dolce e aromatico)
Una sua creazione di cui è particolarmente soddisfatto?
Essendo tutte mie creazioni, ricette ce ne sono varie, tra le quali spicca:
Coda aguglia, il suo fumetto e il nostro katsaboushi di sgombro fatto in casa (Primavera 2020).
Questo piatto nasce dopo il lockdown con l’esigenza di esprimerci ancor di più sotto l’aspetto della sostenibilità e concetto di zero sprechi intrapreso dal nostro ristorante sin dal 2017 cercando di educare e sensibilizzare la nostra clientela. Avendo in menu’ un filetto di aguglia, pesce povero che si trova anche nei mari del nord in grande quantità durante la primavera, ci siamo ritrovati con tante teste e code; mentre teste e lische le abbiamo utilizzate per il nostro fumetto, la coda è stata impiegata per rendere omaggio ai nostri antenati che la descrivevano come la parte più succulenta. Grigliata come nei barbecue, glassata con soya per donare sapidità e mangiata con le mani per stimolare tutti i sensi e, soprattutto, per far godere i commensali della nostra giostra.
Coda di aguglia
Pomodoro in conserva, la sua acqua e olio di origano.
Questo piatto l’ho pensato come se stessi vivendo un momento di ricordo d’estate in veranda. Ho voluto perciò sognare questo percorso evocativo insieme ai miei ospiti.
Ed infine la pasta, essendo proprietari del pastificio biologico il__mattarello, nella sua essenza elemento distintivo della cucina italiana, ma anche difficile da proporre in maniera futurista come stiamo facendo noi. Tra i signature del pastificio – tortelli funghi di bosco, soya e burro nocciola; e del ristorante Tèrra – cappelletti zucca, brodo di croste di Parmigiano e angostura.
Ad oggi, tutti gli chef che abbiamo intervistato per questa rubrica lavorano in grandi strutture internazionali. Lei è un imprenditore indipendente. Ci racconta in che modo questa libertà ha aiutato e/o ostacolato il suo progetto.
La mia fortuna è la libertà di espressione, osando e provocando i rischi ovviamente sono in eguale misura
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce Copenaghen, cosa consiglia di vedere dato il suo ruolo di “insider”?
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