Classe 1981, a quattordici anni lascia il suo paese per iniziare a lavorare come cameriere. Così dal gradino più basso della gerarchia della cucina, inizia la sua scalata che lo porta alla corte di grandi maestri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse. A 25 anni sceglie di tornare a San Gennaro Vesuviano, dove decide di aprire un suo ristorante: “Era Ora”. Con la madre e la sorella parte così una nuova avventura che lo porta dopo dieci anni ad allargare le sue attività con un’osteria sociale, un bistrot e con atre iniziative tutte legate alla legalità e all’etica del cibo. Si batte per combattere lo spreco nell’alimentazione ed è Ambasciatore UNICEF.
Dopo essersi formato con mostri sacri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse, ha avuto la possibilità di sperimentare, esprimersi e crescere professionalmente con prestigiosi incarichi all’estero. Cosa le hanno maggiormente insegnato queste esperienze? Le esperienze con questi maestri mi hanno donato tantissimo professionalmente e anche caratterialmente. In quel mondo cucinare non è un solo assemblare prodotti per poi posizionarli in piatti, ma vai ben oltre. Ti insegnano anche come gestire i fatturati della cucina e come essere un ottimo manager rendendo la qualità standard, ma soprattutto ti insegnano che la disciplina viene prima di tutto e che essere cuochi non è solo manualità, ma che devi metterci passione e amore.
Nel 2005 è rientrato in Italia e non ha scelto di stabilirsi a Milano o a Roma, o in una qualsiasi altra grande città da dove avrebbe certamente potuto far parlare di lei con una certa facilità di risonanza, ma a scelto di tornare in Campania, la sua regione natale, per aprire il suo ristorante “Era Ora”, ed inoltre ha scelto anche di collocarsi a Palma Campania, che fino a quel momento non era considerato un luogo facente parte dei principali circuiti enogastronomici territoriali, perché questa scelta? Credo che ognuno di noi, quando è orgoglioso di dove è nato, ha il diritto e il dovere di donare il proprio contributo alla terra natia. Io fino al 2005 avevo solo preso ed assorbito dalla mia terra, ma non avevo mai dato nessun contributo. Purtroppo la gente è molto brava a criticare, ma prima di criticare bisogna chiedersi cosa abbiamo dato e fatto per la nostra terra. Oggi tutti vorrebbero un mondo a modo loro, ma nessuno è pronto a “scocciarsi” le maniche per renderlo come lo vorrebbero. Credo che sia arrivato il momento di iniziare a dare, ed io dal 2005 ad oggi cerco di dare il mio giusto contributo sperando di riuscirci con buon risultato.
Oltre ad essere uno straordinario chef, lei è senza dubbio un personaggio di primario interesse anche per il coraggio delle sue scelte e dichiarazioni contro la criminalità organizzata. Poiché questo è un blog di tipo professionale non ritengo opportuno addentrarmi in questa sede nell’argomento. Le faccio però una domanda che riguarda più in generale il suo approccio alla vita. Da dove le nasce il coraggio di fare scelte scomode, senza cercare scorciatoie? Credo che il coraggio di scegliere strade più scomode ti viene quando realmente vuoi bene alla tua terra e non vuoi abbandonarla, soprattutto se i tuoi figli continuano a crescere li dove tu hai vissuto per una vita intera: bisogna sempre smascherare chi disonora la tua terra. L’omertà non dona nulla, sottrae solamente e impoverisce la collettività, quindi ecco il perché del mio no al racket, che è anche motivo di esempio ai giovani che devono sentirsi liberi.
E veniamo adesso al suo stile in cucina, dove mi pare di capire che esperienza, tecnica, talento, non si esprimono mai separati da passione, amore per il proprio territorio e cultura del prodotto. So che sostiene che spesso i sapori più autentici di un prodotto risiedono nelle sue parti meno nobili che lei ama proporre. Può fare qualche esempio? Si, credo che la cucina sia la fusione di un po’ tutto. Senza amore è passione non si potrebbero sostenere ore e ore di lavoro, ma credo che purtroppo negli anni i media abbiamo reso la cucina una moda molto sprecona. Se andiamo indietro nel tempo ci accorgiamo che i nostri nonni erano molto parsimoniosi e che lo scarto prodotto in cucina era quasi zero. Io sono ripartito un po’ da loro e cerco di rendere nobili quelle parti meno nobili e di ridare loro vita nei miei piatti. Ad esempio, con le bucce di melanzane possiamo ottenere un bel finto nero di seppia , con i gambi di broccoli un wasabi partenopeo , oppure con le bucce di pomodoro diamo colore al pane. Credo che sia arrivato il momento di dare un freno allo spreco e di utilizzare anche quello che solitamente gettiamo.
Si approvvigiona presso piccoli produttori locali e certamente questo è un ottimo modo non solo per avere prodotti selezionati e sempre freschi, ma è un criterio di utilità per promuovere un intero territorio. Lei pensa che chi svolge la sua attività abbia delle responsabilità nell’educazione al consumo nei confronti dei fruitori finali, dei clienti? Credo che oggi i ristoratori debbano fare cultura attraverso i piatti del loro territorio e far conoscere il lavoro di chi è rimasto e continua a fare l’ artigiano, l’agricoltore o il casaro perché oggi, non ci rendiamo conto, ma sono figure che fra qualche anno saranno in via di estinzione. Noi cuochi dobbiamo educare i consumatori a mangiare bene, ma soprattutto a sostenere il territorio. Sono stanco di vedere chef che fanno le loro scelte di prodotti solo per le vetrine gastronomiche che le offrono, credo che aiutare un contadino locale dia più soddisfazione di qualsiasi salotto gastronomico, i ristoranti dovranno essere luoghi di culto del cibo e soprattutto regalare emozioni.
Cosa sono i boccaccielli? Che indicazione possiamo dare ai lettori per procurarseli? I boccaccielli sono un modo per portare in giro per il mondo sapori, odori e prodotti della mia terra. In questi vasetti racchiudo la mia terra e giro il mondo diffondendone armonia e gusto, e deliziando i palati di tutti. Sarebbe stato impossibile farlo se mia nonna “nannina” non mi avesse fatto conoscere come si facevano le buatt di pomodoro. Da qualche mese abbiamo attivato un franchising di “boccacciello bistrot”: il primo e a Roma e a breve ne nasceranno anche altri.
Un’ultima domanda: dovendo trasmettere ad un giovane aspirante cuoco qualche suggerimento, quali sono le doti più importanti che deve possedere chi vuole intraprendere questa carriera? Chi vuole fare il cuoco? Non deve avere doti o possedere cv da mostro sacro, ma in borsa deve avere poche cose: forza di volontà e passione assoluta, questi sono i punti fondamentali per affrontare questa carriera.
Che il cibo metta in moto tutti e cinque i sensi è cosa nota. Siamo noi ad attivarli in modi diversi in relazione alle circostanze. Un sommelier non oserebbe mai a servire un vino senza averlo assaggiato e sentito il suo bouquet. Al momento dell’acquisto di un frutto o un ortaggio è il tatto che lavora insieme …
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in …
Cuoco senza stelle è un racconto autobiografico. Un critico letterario potrebbe anche classificarlo come un romanzo di formazione in quanto racconta le esperienze e le emozioni che hanno accompagnato l’autore nel corso della propria esistenza per diventare l’uomo e il professionista che è oggi, ma è anche un libro di insegnamenti tecnici e concreti per …
Quando hai pensato di aprire un tuo blog e perché? Ho aperto il mio blog di cucina e racconti alla fine del 2008, quasi per caso, grazie ad un’amica che mi ha mandato un link che bastava seguire per realizzare una pagina web (per me che, difficile a credersi, non sono affatto pratica con queste …
Conversazione con Pietro Parisi
Classe 1981, a quattordici anni lascia il suo paese per iniziare a lavorare come cameriere. Così dal gradino più basso della gerarchia della cucina, inizia la sua scalata che lo porta alla corte di grandi maestri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse. A 25 anni sceglie di tornare a San Gennaro Vesuviano, dove decide di aprire un suo ristorante: “Era Ora”. Con la madre e la sorella parte così una nuova avventura che lo porta dopo dieci anni ad allargare le sue attività con un’osteria sociale, un bistrot e con atre iniziative tutte legate alla legalità e all’etica del cibo. Si batte per combattere lo spreco nell’alimentazione ed è Ambasciatore UNICEF.
Dopo essersi formato con mostri sacri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse, ha avuto la possibilità di sperimentare, esprimersi e crescere professionalmente con prestigiosi incarichi all’estero. Cosa le hanno maggiormente insegnato queste esperienze?
Le esperienze con questi maestri mi hanno donato tantissimo professionalmente e anche caratterialmente. In quel mondo cucinare non è un solo assemblare prodotti per poi posizionarli in piatti, ma vai ben oltre. Ti insegnano anche come gestire i fatturati della cucina e come essere un ottimo manager rendendo la qualità standard, ma soprattutto ti insegnano che la disciplina viene prima di tutto e che essere cuochi non è solo manualità, ma che devi metterci passione e amore.
Nel 2005 è rientrato in Italia e non ha scelto di stabilirsi a Milano o a Roma, o in una qualsiasi altra grande città da dove avrebbe certamente potuto far parlare di lei con una certa facilità di risonanza, ma a scelto di tornare in Campania, la sua regione natale, per aprire il suo ristorante “Era Ora”, ed inoltre ha scelto anche di collocarsi a Palma Campania, che fino a quel momento non era considerato un luogo facente parte dei principali circuiti enogastronomici territoriali, perché questa scelta?
Credo che ognuno di noi, quando è orgoglioso di dove è nato, ha il diritto e il dovere di donare il proprio contributo alla terra natia. Io fino al 2005 avevo solo preso ed assorbito dalla mia terra, ma non avevo mai dato nessun contributo. Purtroppo la gente è molto brava a criticare, ma prima di criticare bisogna chiedersi cosa abbiamo dato e fatto per la nostra terra. Oggi tutti vorrebbero un mondo a modo loro, ma nessuno è pronto a “scocciarsi” le maniche per renderlo come lo vorrebbero. Credo che sia arrivato il momento di iniziare a dare, ed io dal 2005 ad oggi cerco di dare il mio giusto contributo sperando di riuscirci con buon risultato.
Oltre ad essere uno straordinario chef, lei è senza dubbio un personaggio di primario interesse anche per il coraggio delle sue scelte e dichiarazioni contro la criminalità organizzata. Poiché questo è un blog di tipo professionale non ritengo opportuno addentrarmi in questa sede nell’argomento. Le faccio però una domanda che riguarda più in generale il suo approccio alla vita.
Da dove le nasce il coraggio di fare scelte scomode, senza cercare scorciatoie?
Credo che il coraggio di scegliere strade più scomode ti viene quando realmente vuoi bene alla tua terra e non vuoi abbandonarla, soprattutto se i tuoi figli continuano a crescere li dove tu hai vissuto per una vita intera: bisogna sempre smascherare chi disonora la tua terra. L’omertà non dona nulla, sottrae solamente e impoverisce la collettività, quindi ecco il perché del mio no al racket, che è anche motivo di esempio ai giovani che devono sentirsi liberi.
E veniamo adesso al suo stile in cucina, dove mi pare di capire che esperienza, tecnica, talento, non si esprimono mai separati da passione, amore per il proprio territorio e cultura del prodotto.
So che sostiene che spesso i sapori più autentici di un prodotto risiedono nelle sue parti meno nobili che lei ama proporre. Può fare qualche esempio?
Si, credo che la cucina sia la fusione di un po’ tutto. Senza amore è passione non si potrebbero sostenere ore e ore di lavoro, ma credo che purtroppo negli anni i media abbiamo reso la cucina una moda molto sprecona. Se andiamo indietro nel tempo ci accorgiamo che i nostri nonni erano molto parsimoniosi e che lo scarto prodotto in cucina era quasi zero. Io sono ripartito un po’ da loro e cerco di rendere nobili quelle parti meno nobili e di ridare loro vita nei miei piatti. Ad esempio, con le bucce di melanzane possiamo ottenere un bel finto nero di seppia , con i gambi di broccoli un wasabi partenopeo , oppure con le bucce di pomodoro diamo colore al pane. Credo che sia arrivato il momento di dare un freno allo spreco e di utilizzare anche quello che solitamente gettiamo.
Si approvvigiona presso piccoli produttori locali e certamente questo è un ottimo modo non solo per avere prodotti selezionati e sempre freschi, ma è un criterio di utilità per promuovere un intero territorio. Lei pensa che chi svolge la sua attività abbia delle responsabilità nell’educazione al consumo nei confronti dei fruitori finali, dei clienti?
Credo che oggi i ristoratori debbano fare cultura attraverso i piatti del loro territorio e far conoscere il lavoro di chi è rimasto e continua a fare l’ artigiano, l’agricoltore o il casaro perché oggi, non ci rendiamo conto, ma sono figure che fra qualche anno saranno in via di estinzione. Noi cuochi dobbiamo educare i consumatori a mangiare bene, ma soprattutto a sostenere il territorio. Sono stanco di vedere chef che fanno le loro scelte di prodotti solo per le vetrine gastronomiche che le offrono, credo che aiutare un contadino locale dia più soddisfazione di qualsiasi salotto gastronomico, i ristoranti dovranno essere luoghi di culto del cibo e soprattutto regalare emozioni.
Cosa sono i boccaccielli? Che indicazione possiamo dare ai lettori per procurarseli?
I boccaccielli sono un modo per portare in giro per il mondo sapori, odori e prodotti della mia terra. In questi vasetti racchiudo la mia terra e giro il mondo diffondendone armonia e gusto, e deliziando i palati di tutti. Sarebbe stato impossibile farlo se mia nonna “nannina” non mi avesse fatto conoscere come si facevano le buatt di pomodoro. Da qualche mese abbiamo attivato un franchising di “boccacciello bistrot”: il primo e a Roma e a breve ne nasceranno anche altri.
Un’ultima domanda: dovendo trasmettere ad un giovane aspirante cuoco qualche suggerimento, quali sono le doti più importanti che deve possedere chi vuole intraprendere questa carriera?
Chi vuole fare il cuoco? Non deve avere doti o possedere cv da mostro sacro, ma in borsa deve avere poche cose: forza di volontà e passione assoluta, questi sono i punti fondamentali per affrontare questa carriera.
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Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in …
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