Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa, un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come la tradizione culinaria italiana viene recepita in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città ) Giuseppe Pezzella / Executive Chef de cuisine Cinque Restaurant / Five Palm Jumeirah / Dubai
In realtà, Dubai non è una destinazione nuova per lei. Gira e rigira sembra che ci sia una specie di richiamo. Perché torna? Perché risulta una buona piazza per un giovane chef grintoso?
Perché è una destinazione unica nel suo genere nella quale le cose non solo si sviluppano al doppio della velocità di altre città, basti pensare a quanti hotel e ristoranti aprono in un anno, ma dove si concentra il meglio di quello che il panorama mondiale offre in termini di prodotti.
Per uno chef esprimersi a Dubai vuol dire farsi giudicare da persone abituate a vivere e avere il meglio dalla vita. Per me, vedere clienti di questo tipo che mi preferiscono ogni sera tra una moltitudine di ristoranti, è una delle cose che mi gratifica di più.
In che modo la sua creatività è stata influenzata dal contesto?
Sarò sincero, penso di essere sempre stato votato alla creatività nel mio modo di cucinare, grazie anche alle varie esperienze Michelin e ai numerosi Maestri come Antonino Cannavacciuolo, per citarne uno, che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso prima di approdare qui. Chiaramente, penso che questa creatività abbia avuto modo di evolversi molto in questo Paese grazie ai prodotti di eccellenza provenienti da tutto il mondo e alla sfida di dovere non solo soddisfare, ma anche sorprendere clienti esigenti che conoscono il mondo gastronomico e che dalla mia cucina ormai si aspettano sempre tanto sia nella creazione dei piatti sia nella presentazione estetica che, ovviamente, in una città così esteta come Dubai ha un ruolo fondamentale.
Cosa lo ha colpito maggiormente delle abitudini o dei gusti alimentari della clientela della sua città adottiva?
Ciò che mi ha colpito di più è proprio che non ci sono abitudini, i clienti hanno un desiderio di assaggiare piatti nuovi imparagonabile rispetto alle altre città in cui ho vissuto e lavorato. Da questo punto di vista credo di essere riuscito con il mio team a crearmi una clientela che si fida molto di me e che da questo punto di vista mi onora della sua visita proprio per provare nuove creazioni.
Filetto di agnello, patate dolci, funghi spugnole e salsa di agnello con cumino
Un ingrediente locale di cui non potrebbe più fare a meno?
Ovviamente le spezie, tra tutte lo zafferano e il cumino, ma anche i datteri che ho fin da subito inserito in diversi miei piatti e che non hanno mai più lasciato la linea della mia cucina.
Le è capitato di scontrarsi con preconcetti sulla cucina italiana? Che armi ha uno chef per combattere i cliché? Si sente un ambasciatore del gusto?
Come ogni chef italiano in terra straniera mi è ovviamente capitato di dovermi confrontare, non scontrarmi, con clienti che avevano una visione della cucina italiana abbastanza standardizzata, legata prettamente a pochi piatti o prodotti. Rispetto a 4 anni fa, momento del mio arrivo a Dubai, ho però notato una crescita nella conoscenza della cultura gastronomica italiana da parte degli stranieri a dir poco impressionante. Complice anche la facilità con cui si possono reperire informazioni, i clienti stranieri oggi conoscono molto bene la cucina italiana fino a comprenderne anche la diversità tra le sue regioni.
Dal mio punto di vista, uno chef italiano all’estero ha il dovere di combattere i cliché tramite creazioni originali e autentiche votate a far comprendere, dove necessario, che l’Italia è molto più che pizza e pasta. Non so se questo identifichi un ambasciatore del gusto, ma, da parte mia, è stato grande l’impegno per rendere il Cinque un ristorante dove varietà, unicità e creatività di prodotti e piatti italiani fossero di casa.
(Sinistra)Polpo arrostito, quinoa, salsa di fagiolini, Ponzu, cetrioli fermentati (Centro) Capesante giapponesi, zucca, funghi shiitake, amaranto
(Destra) Ricciola marinata, nero di seppia, barbabietola, raviolo di mela
Il ruolo di Executive Chef conferisce una certa libertà per quanto riguarda le parti creative del lavoro – sviluppo menu, ricerca di nuovi fornitori, prove (e riprove) di piatti nuovi, ma porta con sé anche responsabilità per gli aspetti più prosaici, ma non meno importanti, dell’incarico – controlli del food cost, gestione della brigata, qualche grattacapo con i tanti reparti che concorrono a far funzionare alla perfezione una grande struttura. Non le risulta mai difficile bilanciare l’indole creativa con gli obblighi manageriali?
Quando si ricopre un ruolo di questo tipo, in qualsiasi albergo, in qualsiasi luogo, ogni giorno è difficile, nel senso che non è mai facile e che nasconde insidie e difficoltà che uno Chef-Manager deve essere sempre pronto a gestire. Le dirò in maniera molto onesta, i primi giorni, quelli dell’’opening del FIVE nel Marzo 2017 ci sono stati giorni in cui avevo enorme difficoltà a conciliare il mio ruolo in cucina (quello a cui ero abituato) con quello da manager dietro la scrivania (tutt’altro che un’abitudine per me). Se poi mettiamo il dover fare tutto in lingua inglese, che non è la mia lingua madre, le lascio solo immaginare la difficoltà. Se mi guardo indietro però sono molto fiero della crescita fatta in questo senso, ma oltre alla mia determinazione, l’essere riuscito a consolidarmi come Executive Chef in una realtà così importante come quella del FIVE e del FJVC è anche merito del team che mi ha circondato negli anni e che mi circonda oggi. Da questo punto di vista un Executive Chef senza un team di componenti “executive”, specialmente a Dubai, ha una vita molto breve.
Un piatto di cui è particolarmente soddisfatto?
Come spesso avrà sentito dire da altri colleghi, uno chef crea un rapporto con ognuno dei suoi piatti. Da questo punto di vista, quindi, mi è molto difficile citarne solo uno, ma dovendo scegliere, un piatto con il quale c’è un rapporto speciale è il Risotto: in carta dal primo giorno di apertura, è uno di quelli che i miei clienti non mi permetterebbero mai di togliere dal menu.
Risotto Riserva San Massimo, gamberi rossi, agrumi, salsa al prezzemolo
Visto che non smettiamo mai di imparare, cosa stuzzica la sua curiosità? Cosa guarda/legge/segue per continuare a crescere professionalmente?
Se c’è una cosa che ho capito essere stata fondamentale per me e per il mio sviluppo è quella di non sentirsi mai arrivati ed avere sempre fame di conoscere, crescere e imparare.
I lievitati, la pasticceria e la cucina orientale sono solo alcuni dei settori che sto approfondendo. Oltre a leggere libri e confrontarmi con esperti, amo adottare un approccio molto “hands-on”, come dicono in inglese. Le faccio un esempio. Invece di tornare in Italia per le vacanze, ad agosto del 2018 ho deciso di passare le mie “vacanze” ritornando nelle cucine stellate giapponesi di Heinz Beck, Carmen Ruscalleda e Yosuke Suga Sugalabo.
Il COVID ha trasformato un mestiere già difficile in uno quasi impossibile. Quando il vaccino renderà meno preoccupante viaggiare, che cambiamenti pensa di riscontrare nel settore turistico?
Devo ammettere che a Dubai si iniziano a vedere grossi cambiamenti in questa direzione. In hotel siamo letteralmente pieni da mesi. Sono positivo di natura, come tutti mi aspetto un vero e proprio boom di flusso e voglia di vivere, nella quale la food experience continuerà ad avere un ruolo ancora centrale.
Carpaccio di astice blu, rapa rossa, yogurt salato
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce Dubai, cosa consiglia di vedere dato il suo ruolo di “insider”? Più che luoghi da vedere, Dubai offre esperienze uniche da vivere. Penso al Bur Al Arab e alle sue suite sottomarine, salire in cima al Burj Khalifa, lanciarsi col paracadute, perdersi facendo shopping nell’immenso Dubai Mall o anche sciare nel famoso Ski Dubai. Qui non ci si annoia di sicuro.
White dream (Mousse al cioccolato fondente, ricotta dolce, caffè, meringa all’italiana, caramello salato)
In occasione dell’uscita del libro VASOCOTTURA- tecniche, consigli e ricette – abbiamo rivolto qualche domanda ai due autori – Stefano Masanti e Stefano Ciabarri – a cui abbiamo chiesto quali sono le caratteristiche più importanti di questa tecnica e quali idee li hanno motivati per la realizzazione di questo nuovo progetto editoriale.
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Che il cibo metta in moto tutti e cinque i sensi è cosa nota. Siamo noi ad attivarli in modi diversi in relazione alle circostanze. Un sommelier non oserebbe mai a servire un vino senza averlo assaggiato e sentito il suo bouquet. Al momento dell’acquisto di un frutto o un ortaggio è il tatto che lavora insieme …
Quando hai pensato di aprire un tuo blog e perché? Ho aperto il mio blog di cucina e racconti alla fine del 2008, quasi per caso, grazie ad un’amica che mi ha mandato un link che bastava seguire per realizzare una pagina web (per me che, difficile a credersi, non sono affatto pratica con queste …
Il nostro uomo a Dubai
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa, un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come la tradizione culinaria italiana viene recepita in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città )
Giuseppe Pezzella / Executive Chef de cuisine Cinque Restaurant / Five Palm Jumeirah / Dubai
In realtà, Dubai non è una destinazione nuova per lei. Gira e rigira sembra che ci sia una specie di richiamo. Perché torna? Perché risulta una buona piazza per un giovane chef grintoso?
Perché è una destinazione unica nel suo genere nella quale le cose non solo si sviluppano al doppio della velocità di altre città, basti pensare a quanti hotel e ristoranti aprono in un anno, ma dove si concentra il meglio di quello che il panorama mondiale offre in termini di prodotti.
Per uno chef esprimersi a Dubai vuol dire farsi giudicare da persone abituate a vivere e avere il meglio dalla vita. Per me, vedere clienti di questo tipo che mi preferiscono ogni sera tra una moltitudine di ristoranti, è una delle cose che mi gratifica di più.
In che modo la sua creatività è stata influenzata dal contesto?
Sarò sincero, penso di essere sempre stato votato alla creatività nel mio modo di cucinare, grazie anche alle varie esperienze Michelin e ai numerosi Maestri come Antonino Cannavacciuolo, per citarne uno, che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso prima di approdare qui. Chiaramente, penso che questa creatività abbia avuto modo di evolversi molto in questo Paese grazie ai prodotti di eccellenza provenienti da tutto il mondo e alla sfida di dovere non solo soddisfare, ma anche sorprendere clienti esigenti che conoscono il mondo gastronomico e che dalla mia cucina ormai si aspettano sempre tanto sia nella creazione dei piatti sia nella presentazione estetica che, ovviamente, in una città così esteta come Dubai ha un ruolo fondamentale.
Cosa lo ha colpito maggiormente delle abitudini o dei gusti alimentari della clientela della sua città adottiva?
Ciò che mi ha colpito di più è proprio che non ci sono abitudini, i clienti hanno un desiderio di assaggiare piatti nuovi imparagonabile rispetto alle altre città in cui ho vissuto e lavorato. Da questo punto di vista credo di essere riuscito con il mio team a crearmi una clientela che si fida molto di me e che da questo punto di vista mi onora della sua visita proprio per provare nuove creazioni.
Filetto di agnello, patate dolci, funghi spugnole e salsa di agnello con cumino
Un ingrediente locale di cui non potrebbe più fare a meno?
Ovviamente le spezie, tra tutte lo zafferano e il cumino, ma anche i datteri che ho fin da subito inserito in diversi miei piatti e che non hanno mai più lasciato la linea della mia cucina.
Le è capitato di scontrarsi con preconcetti sulla cucina italiana? Che armi ha uno chef per combattere i cliché? Si sente un ambasciatore del gusto?
Come ogni chef italiano in terra straniera mi è ovviamente capitato di dovermi confrontare, non scontrarmi, con clienti che avevano una visione della cucina italiana abbastanza standardizzata, legata prettamente a pochi piatti o prodotti. Rispetto a 4 anni fa, momento del mio arrivo a Dubai, ho però notato una crescita nella conoscenza della cultura gastronomica italiana da parte degli stranieri a dir poco impressionante. Complice anche la facilità con cui si possono reperire informazioni, i clienti stranieri oggi conoscono molto bene la cucina italiana fino a comprenderne anche la diversità tra le sue regioni.
Dal mio punto di vista, uno chef italiano all’estero ha il dovere di combattere i cliché tramite creazioni originali e autentiche votate a far comprendere, dove necessario, che l’Italia è molto più che pizza e pasta. Non so se questo identifichi un ambasciatore del gusto, ma, da parte mia, è stato grande l’impegno per rendere il Cinque un ristorante dove varietà, unicità e creatività di prodotti e piatti italiani fossero di casa.
(Sinistra) Polpo arrostito, quinoa, salsa di fagiolini, Ponzu, cetrioli fermentati
(Centro) Capesante giapponesi, zucca, funghi shiitake, amaranto
(Destra) Ricciola marinata, nero di seppia, barbabietola, raviolo di mela
Il ruolo di Executive Chef conferisce una certa libertà per quanto riguarda le parti creative del lavoro – sviluppo menu, ricerca di nuovi fornitori, prove (e riprove) di piatti nuovi, ma porta con sé anche responsabilità per gli aspetti più prosaici, ma non meno importanti, dell’incarico – controlli del food cost, gestione della brigata, qualche grattacapo con i tanti reparti che concorrono a far funzionare alla perfezione una grande struttura. Non le risulta mai difficile bilanciare l’indole creativa con gli obblighi manageriali?
Quando si ricopre un ruolo di questo tipo, in qualsiasi albergo, in qualsiasi luogo, ogni giorno è difficile, nel senso che non è mai facile e che nasconde insidie e difficoltà che uno Chef-Manager deve essere sempre pronto a gestire. Le dirò in maniera molto onesta, i primi giorni, quelli dell’’opening del FIVE nel Marzo 2017 ci sono stati giorni in cui avevo enorme difficoltà a conciliare il mio ruolo in cucina (quello a cui ero abituato) con quello da manager dietro la scrivania (tutt’altro che un’abitudine per me). Se poi mettiamo il dover fare tutto in lingua inglese, che non è la mia lingua madre, le lascio solo immaginare la difficoltà. Se mi guardo indietro però sono molto fiero della crescita fatta in questo senso, ma oltre alla mia determinazione, l’essere riuscito a consolidarmi come Executive Chef in una realtà così importante come quella del FIVE e del FJVC è anche merito del team che mi ha circondato negli anni e che mi circonda oggi. Da questo punto di vista un Executive Chef senza un team di componenti “executive”, specialmente a Dubai, ha una vita molto breve.
Un piatto di cui è particolarmente soddisfatto?
Come spesso avrà sentito dire da altri colleghi, uno chef crea un rapporto con ognuno dei suoi piatti. Da questo punto di vista, quindi, mi è molto difficile citarne solo uno, ma dovendo scegliere, un piatto con il quale c’è un rapporto speciale è il Risotto: in carta dal primo giorno di apertura, è uno di quelli che i miei clienti non mi permetterebbero mai di togliere dal menu.
Risotto Riserva San Massimo, gamberi rossi, agrumi, salsa al prezzemolo
Visto che non smettiamo mai di imparare, cosa stuzzica la sua curiosità? Cosa guarda/legge/segue per continuare a crescere professionalmente?
Se c’è una cosa che ho capito essere stata fondamentale per me e per il mio sviluppo è quella di non sentirsi mai arrivati ed avere sempre fame di conoscere, crescere e imparare.
I lievitati, la pasticceria e la cucina orientale sono solo alcuni dei settori che sto approfondendo. Oltre a leggere libri e confrontarmi con esperti, amo adottare un approccio molto “hands-on”, come dicono in inglese. Le faccio un esempio. Invece di tornare in Italia per le vacanze, ad agosto del 2018 ho deciso di passare le mie “vacanze” ritornando nelle cucine stellate giapponesi di Heinz Beck, Carmen Ruscalleda e Yosuke Suga Sugalabo.
Il COVID ha trasformato un mestiere già difficile in uno quasi impossibile. Quando il vaccino renderà meno preoccupante viaggiare, che cambiamenti pensa di riscontrare nel settore turistico?
Devo ammettere che a Dubai si iniziano a vedere grossi cambiamenti in questa direzione. In hotel siamo letteralmente pieni da mesi. Sono positivo di natura, come tutti mi aspetto un vero e proprio boom di flusso e voglia di vivere, nella quale la food experience continuerà ad avere un ruolo ancora centrale.
Carpaccio di astice blu, rapa rossa, yogurt salato
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce Dubai, cosa consiglia di vedere dato il suo ruolo di “insider”?
Più che luoghi da vedere, Dubai offre esperienze uniche da vivere. Penso al Bur Al Arab e alle sue suite sottomarine, salire in cima al Burj Khalifa, lanciarsi col paracadute, perdersi facendo shopping nell’immenso Dubai Mall o anche sciare nel famoso Ski Dubai. Qui non ci si annoia di sicuro.
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