I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie? Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca.
– Da quanti anni raccoglie libri di cucina?
In pratica da sempre. Dovessi indicare un anno preciso, direi il 1980 perché, 25enne, andai a vivere da solo e fui obbligato a farmi la mia libreria.
– Si ricorda il primo che ha comprato? Il Cucchiaio d’Argento, per me l’autentica bibbia a livello di ricettari, non fosse altro perché cambia, si aggiorna, di edizione in edizione. Il tanto decantato volume della Gosetti della Salda (Le ricette regionali italiane n.d.r.) è uscito nel 1967 e viene solo ristampato, non aggiornato. Valore storico, di testimonianza, altissimo, ma se uno lo vuole usare per cucinare è come se volesse prendere la patente usando una vettura di mezzo secolo fa.
– Quanti volumi fanno parte della sua biblioteca culinaria personale?
Non saprei dire, sono sommerso dai volumi. Occupano più stanze in più case e direi che cerco di avere un limite, ad esempio mi libero di guide ormai ammuffite.
– Raccoglie libri in più lingue?
Certo, quando lo meritano o quando mi emozionano come un volume sulla cucina e le tradizioni di una regione del nord della Svezia dove ho lasciato un pezzo del mio cuore. Mi riprometto di “leggerlo” quando avrò rallentato il passo, verso i settant’anni.
– Dove sono custoditi questi libri e come sono organizzati?
Non sono custoditi e tantomeno organizzati: o sono impilati o inscatolati (in cantina) o disposti in doppia fila sui ripiani delle librerie tra casa e studio. Non sono molto orgoglioso del mio caos. Mi pare di vivere in un trasloco permanente.
– Ha un sistema che le permette di trovare un volume velocemente oppure è spesso una caccia al tesoro?
La seconda, anche se un minimo di logica esiste ma è flebile.
– E’ un accumulatore seriale oppure, ogni tanto, elimina i volumi che non le interessano più?
Regalo, elimino… Mi rifiuto anche di tenere determinati titoli che mi vengono mandati in visione per recensione. In genere sono ricettari di totale improbabilità, almeno per me, al punto che mi chiedo se quell’ufficio stampa mi conosce.
– Come si immagina la sua biblioteca fra 20 anni?
Non ne ho la più pallida idea. Quando si iniziò a parlare di Expo a Milano sognavo di potere creare una biblioteca storica nel capoluogo lombardo tipo quello dell’Academia Barilla a Parma, ma il sogno è rimasto tale. Perché possa diventare realtà servirebbero troppi soldi e troppo tempo.
– Le interessano gli e-book o le APP del settore culinario?
Se rispondessi di sì direi una bugia.
– Pensa che arriverà il momento che abbandonerà la carta a favore di una biblioteca elettronica?
Sono ancora nella fase che sarebbe come pensare di abbandonare una donna in carne e ossa per una bambola robot. Però non vi è dubbio che il futuro è lì, a iniziare dalle guide”.
– E’ geloso dei suoi libri?
Eccome, come lo sono di tutte le cose che per me hanno valore.
– Li presta?
No, non tornerebbero indietro. Quasi sempre la domanda “mi presti per favore?”, va letta come “Mi regali? Piuttosto che Posso rubarti?”.
– Le capita di regalare libri di cucina?
Sì, certo. Mi sempre giusto e naturale. Se non ci credo io, perché deve crederci chi è meno tarantolato dal cibo del sottoscritto?
– Scrive nei suoi libri? Aggiunge note su ricette provate, commenti, critiche all’autore?
Certo, io li vivo. Piego anche gli angoli se penso sia il caso. Ricordo le parole di Albert Einstein: “Se una scrivania in disordine è segno di una mente disordinata, di cosa, allora, è segno una scrivania vuota?”.
– Il libro di cucina l’accompagna fino al comodino?
Sì, perché non dovrebbe essere così?
– Dove lo preferisce leggere?
Dove mi è comodo e utile. Non è che Lord Jim uno deve leggerlo obbligatoriamente in viaggio verso la Mecca.
– Esiste un libro particolare che desidererebbe possedere, ma che non è mai riuscito a trovare?
Penso di no, non ho una risposta.
– Se capitasse un disastro e fosse possibile salvare solo 5 titoli della sua biblioteca culinaria, quali libri sceglierebbe? Perché? La Grande Enciclopedia Illustrata della Gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti, nell’edizione originale del Readers Digest; Alla Ricerca dei cibi perduti di Luigi Veronelli, che uscì una vita fa da Feltrinelli; Los secretos de El Bulli, recetas, técnicas y reflexiones di Ferran Adrià, anno di pubblicazione 1997; Quando lo chef è donna di Elio Chiodi per Achantus nel 1989; infine Dessert al piatto per la Bibliotheca Culinaria. Una ventina di anni dopo la sua uscita, mi fa piacere leggere nel sito dell’editore, lo stesso che accoglie questa intervista, che “In questo libro, Paolo Marchi traccia l’evoluzione del dessert al piatto. Il suo saggio introduttivo analizza la silenziosa rivoluzione che ha trasformato una semplice fetta di torta in una stupenda preparazione personale”. Il perché questi cinque? Penso che concorrano a formare un giusto panorama della ristorazione: la storia… i prodotti… il genio creativo… le nostre cuoche, le nostre mamme… il lato dolce della tavola”.
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid. Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine …
Verde Camilla Parmigiani è una Vegan Luxury Specialist italiana. Fondatrice e proprietaria di Vegan Set, il primo sito web sull’alta cucina vegetale. Con 18 anni di esperienza nel settore alberghiero, è una consulente di ospitalità che supporta hotel e gruppi alberghieri nella progettazione di servizi dedicati alle nuove sensibilità etiche, ambientali e salutistiche dei clienti. …
I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie? Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca. Oggi lo “scatto” è dedicato a Davide Paolini romagnolo nel carattere, globetrotter per scelta. Si definisce «gastronauta», promotore di un movimento di tendenza di cultura materiale: …
Negli ultimi anni abbiamo assistito a velocissimi cambiamenti e tendenze nel mondo del bartending anche in relazione al mondo della ristorazione. Penso che questi due ambiti professionali abbiano ripreso a dialogare tra loro una decina di anni fa con la comparsa del mixologist e dello chef molecolare, tu sei d’accordo? Si pienamente d’accordo! Dopo l’inserimento, almeno …
Lo shelfie – Paolo Marchi
I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie? Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca.
Oggi lo “scatto” è dedicato a Paolo Marchi, il giornalista gastronomico che ha trasformato il modo di fare comunicazione nel settore in Italia. Ideatore di Identità Golose, il primo congresso italiano di cucina e di pasticceria d’autore, oggi esporta il know-how dei migliori professionisti italiani con edizioni da Londra a New York.
Le su collaborazioni con Bibliotheca Culinaria sono multiple: Dessert al Piatto, Cucina di Montagna – Le Alpi Centrali e Cucina di Montagna – Il Trentino. Il suo ultimo libro è: XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita.
– Da quanti anni raccoglie libri di cucina?
In pratica da sempre. Dovessi indicare un anno preciso, direi il 1980 perché, 25enne, andai a vivere da solo e fui obbligato a farmi la mia libreria.
– Si ricorda il primo che ha comprato?
Il Cucchiaio d’Argento, per me l’autentica bibbia a livello di ricettari, non fosse altro perché cambia, si aggiorna, di edizione in edizione. Il tanto decantato volume della Gosetti della Salda (Le ricette regionali italiane n.d.r.) è uscito nel 1967 e viene solo ristampato, non aggiornato. Valore storico, di testimonianza, altissimo, ma se uno lo vuole usare per cucinare è come se volesse prendere la patente usando una vettura di mezzo secolo fa.
– Quanti volumi fanno parte della sua biblioteca culinaria personale?
Non saprei dire, sono sommerso dai volumi. Occupano più stanze in più case e direi che cerco di avere un limite, ad esempio mi libero di guide ormai ammuffite.
– Raccoglie libri in più lingue?
Certo, quando lo meritano o quando mi emozionano come un volume sulla cucina e le tradizioni di una regione del nord della Svezia dove ho lasciato un pezzo del mio cuore. Mi riprometto di “leggerlo” quando avrò rallentato il passo, verso i settant’anni.
– Dove sono custoditi questi libri e come sono organizzati?
Non sono custoditi e tantomeno organizzati: o sono impilati o inscatolati (in cantina) o disposti in doppia fila sui ripiani delle librerie tra casa e studio. Non sono molto orgoglioso del mio caos. Mi pare di vivere in un trasloco permanente.
– Ha un sistema che le permette di trovare un volume velocemente oppure è spesso una caccia al tesoro?
La seconda, anche se un minimo di logica esiste ma è flebile.
– E’ un accumulatore seriale oppure, ogni tanto, elimina i volumi che non le interessano più?
Regalo, elimino… Mi rifiuto anche di tenere determinati titoli che mi vengono mandati in visione per recensione. In genere sono ricettari di totale improbabilità, almeno per me, al punto che mi chiedo se quell’ufficio stampa mi conosce.
– Come si immagina la sua biblioteca fra 20 anni?
Non ne ho la più pallida idea. Quando si iniziò a parlare di Expo a Milano sognavo di potere creare una biblioteca storica nel capoluogo lombardo tipo quello dell’Academia Barilla a Parma, ma il sogno è rimasto tale. Perché possa diventare realtà servirebbero troppi soldi e troppo tempo.
– Le interessano gli e-book o le APP del settore culinario?
Se rispondessi di sì direi una bugia.
– Pensa che arriverà il momento che abbandonerà la carta a favore di una biblioteca elettronica?
Sono ancora nella fase che sarebbe come pensare di abbandonare una donna in carne e ossa per una bambola robot. Però non vi è dubbio che il futuro è lì, a iniziare dalle guide”.
– E’ geloso dei suoi libri?
Eccome, come lo sono di tutte le cose che per me hanno valore.
– Li presta?
No, non tornerebbero indietro. Quasi sempre la domanda “mi presti per favore?”, va letta come “Mi regali? Piuttosto che Posso rubarti?”.
– Le capita di regalare libri di cucina?
Sì, certo. Mi sempre giusto e naturale. Se non ci credo io, perché deve crederci chi è meno tarantolato dal cibo del sottoscritto?
– Scrive nei suoi libri? Aggiunge note su ricette provate, commenti, critiche all’autore?
Certo, io li vivo. Piego anche gli angoli se penso sia il caso. Ricordo le parole di Albert Einstein: “Se una scrivania in disordine è segno di una mente disordinata, di cosa, allora, è segno una scrivania vuota?”.
– Il libro di cucina l’accompagna fino al comodino?
Sì, perché non dovrebbe essere così?
– Dove lo preferisce leggere?
Dove mi è comodo e utile. Non è che Lord Jim uno deve leggerlo obbligatoriamente in viaggio verso la Mecca.
– Esiste un libro particolare che desidererebbe possedere, ma che non è mai riuscito a trovare?
Penso di no, non ho una risposta.
– Se capitasse un disastro e fosse possibile salvare solo 5 titoli della sua biblioteca culinaria, quali libri sceglierebbe? Perché?
La Grande Enciclopedia Illustrata della Gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti, nell’edizione originale del Readers Digest; Alla Ricerca dei cibi perduti di Luigi Veronelli, che uscì una vita fa da Feltrinelli; Los secretos de El Bulli, recetas, técnicas y reflexiones di Ferran Adrià, anno di pubblicazione 1997; Quando lo chef è donna di Elio Chiodi per Achantus nel 1989; infine Dessert al piatto per la Bibliotheca Culinaria. Una ventina di anni dopo la sua uscita, mi fa piacere leggere nel sito dell’editore, lo stesso che accoglie questa intervista, che “In questo libro, Paolo Marchi traccia l’evoluzione del dessert al piatto. Il suo saggio introduttivo analizza la silenziosa rivoluzione che ha trasformato una semplice fetta di torta in una stupenda preparazione personale”. Il perché questi cinque? Penso che concorrano a formare un giusto panorama della ristorazione: la storia… i prodotti… il genio creativo… le nostre cuoche, le nostre mamme… il lato dolce della tavola”.
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