Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa, un luogo dove crescere e sperimentare, nel quale offrire la propria creatività e raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come la tradizione culinaria italiana viene recepita in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Andrea Scarpati, Chef proprietario Sapori Restaurant di Anstey, U.K.
Lei vive in Inghilterra da più di 20 anni, ma il suo ristorante Sapori, aperto nel 2011 con sua moglie Cristina, parla da sempre italiano. Cosa ha determinato l’dea di aprire un ristorante italiano, non nel centro di una metropoli, ma un po’ defilato, in un piccolo insediamento urbano nelle vicinanze di Leicester? Ha faticato per farsi conoscere su tutto il territorio nazionale? Ebbene sì, sono più di 20 anni che vivo in Inghilterra. Inizialmente ho lavorato in diversi ristoranti, dove comunque anche se ero Head Chef, la libertà di esprimermi è stata sempre limitata. Nel 2002 ho conosciuto mia moglie Cristina e con lei abbiamo maturato desideri e progetti di una vita insieme. Mia moglie ha sempre creduto in me e grazie anche a lei ho avuto la forza di “rischiare”. Dico rischiare perché lasciare un posto sicuro e ben pagato per aprire una nuova attività (qualunque essa sia) è sempre un rischio.
Così è cominciata la ricerca del posto giusto per il nostro ristorante. Il nostro budget era molto limitato quindi non è stato semplice. In realtà non abbiamo mai avuto interesse per il centro di Leicester perché troppo saturo di fast-food e catene di “fake Italian” che, inevitabilmente, attirano una clientela alla ricerca di discount codes e pasti economici. Abbiamo visitato diverse location nel countryside di Leicester e poi siamo arrivati ad Anstey. Il building non era uno dei migliori, ma il villaggio è ben collegato e abbiamo subito visto del potenziale. Nel 2011 abbiamo finalmente aperto Sapori. Non è stato per niente semplice inizialmente…farsi conoscere, le diverse ristrutturazioni al locale…ma pian piano e con passione e determinazione ci siamo riusciti.
Io e mia moglie siamo sempre stati dell’idea che se si lavora bene e si riesce a dare qualcosa di bello e buono, prima o poi la gente viene da te. Non importa tantissimo dove sei.
Certo la location aiuta…se avessimo potuto aprire il nostro ristorante a Mayfair a Londra magari ad oggi il mio sogno nel cassetto si sarebbe avverato…chissà! E con questo ho risposto anche all’ultima delle vostre domande.
Ha vinto per ben due anni di seguito il premio come miglior ristorante italiano del Regno Unito, ma sappiamo bene che il termine “cucina italiana” è un termine troppo generico per identificare la molteplicità di espressioni, tecniche, tradizioni che identificano la cucina regionale italiana. Lei con il termine cucina italiana, cosa intende?
Vincere è stato bello, emozionante ed inoltre ci ha spronato a fare sempre meglio, ricevendo 2 rosette sulla guida AA e il Michelin Plate nel 2019.
Sono d’accordo, il termine “cucina italiana” è troppo generico. Noi siamo una nazione composta da 20 regioni e ognuna di essa ha una sua tradizione e resta a noi rispettarle. Ecco, come “cucina italiana” intendo “rispetto delle nostre tradizioni”.
Quanto delle sue origini campane ha portato con se?
Le mie origini sono evidenti in molti dei nostri piatti, ma, vivendo in Inghilterra da più di 20 anni, ho comunque cercato di usare anche diversi prodotti del territorio. Al momento sul nostro menu si possono anche trovare piatti come il cervo, il piccione e l’halibut per esempio.
Cervo, scorzonera, mela, broccoli e pepe verde.
Ha adattato alcune ricette al gusto inglese? Ha dovuto rinunciare all’utilizzo di qualche ingrediente o ha dovuto modificare qualche tecnica di cottura? Quando abbiamo aperto nel 2011 siamo partiti con un menu più semplice, cercando anche di accontentare le varie richieste fuori menu fatte dai locals. Quando apri una nuova attività sei condizionato da altri fattori (costi, personale, debiti accumulati per l’apertura), ma comunque dentro sentivo che non era quello che volevo, era frustrante. Allora ho deciso di cambiare rotta e seguire la mia passione cambiando gradualmente il menu, investendo in nuove attrezzature, allargando la cucina e migliorando tecniche e stile per arrivare a dove siamo oggi. Ora sono fiero e soddisfatto di averlo fatto!
Come si regola per l’approvvigionamento delle materie prime? Trova tutto sul luogo o si avvale anche di fornitori italiani? Certamente in Inghilterra non riusciamo a trovare tutto quello che vorremmo, ma rispetto a quando sono venuto qui 20 anni fa si trovano molte più cose. Poi da quando l’Inghilterra è uscita dall’Europa tutto è diventato più caro e complicato anche per tempi e consegne.
Per quando riguarda pesce, carne e maggior parte della frutta e verdura ci serviamo di fornitori e produttori locali. Il pesce lo facciamo arrivare dalla Cornovaglia o Scozia.
Essendo un ristorante italiano alcuni prodotti dobbiamo importarli direttamente dall’Italia o appoggiarci a rivenditori italiani presenti in Inghilterra.
Polpo, patate, peperoni, cipolla e aglio nero
La sua clientela abituale è principalmente locale, inglese o internazionale? La maggior parte dei nostri clienti abituali sono del Leicestershire e Midland, tra questi una buona percentuale di italiani che apprezzano la nostra cucina. Poi ci sono anche clienti lontani dal Leicestershire che tornano a trovarci.
Ci può descrivere le caratteristiche principali del suo stile di cucina che viene considerato dai principali critici gastronomici innovativo, ma profondamente legato alle tradizioni del Mediterraneo? Si corretto, la mia cucina è una cucina innovativa e fortemente legata alle nostre tradizioni. Incidono molto anche l’istinto e la passione che ho verso il mio lavoro. Caratteristica anche molto importante, forse la principale ed essenziale per essere diversi dalla massa qui in UK, è quella del “homemade”…tutto quello che serviamo ai nostri clienti è fatto da noi, dal pane e burro al gelato e tutta la pasticceria.
Gnocchi alla Sorrentina
Come si regola nei confronti delle varie tendenze ecogreen attuali, come clienti vegetariani o vegani? Nei suoi menu sono previsti piatti specifici? Ha fatto qualche particolare ricerca in merito? Ricerche sempre. Bisogna essere costantemente aggiornati sulle varie tendenze. Ma, detto questo, non abbiamo menu specifici per vegani per esempio. Per noi un vegano non è differente da un vegetariano o un celiaco…nel senso che sono tutti clienti con esigenze particolari. Sul menu abbiamo piatti vegetariani, ma cucinando al momento cerchiamo, quando possibile, di modificare i piatti per soddisfare le esigenze ed intolleranze di alcuni clienti. Questo sempre nel rispetto delle nostre tradizioni ovviamente.
E’ stato selezionato come unico membro nel Regno Unito dal Charming Italian Chef, una associazione molto selettiva sulla scelta dei professionisti che accoglie, i quali devono avere tutti una profonda attenzione per la qualità della materia prima nel rispetto della tradizione italiana. Sente la responsabilità di rappresentare il nostro Paese come un ambasciatore dell’alta cucina? Per me, far parte della CHIC è un motivo d’orgoglio ed essere stato scelto significa che stiamo facendo un buon lavoro. Rappresentare l’Italia all’estero deve essere un senso di responsabilità che tutti noi dovremmo avere e se sono qui a fare questa intervista significa che lo sto facendo nel modo giusto.
Tiramisu 2022
Lei fa anche parte di Euro Toques. Da quando la pensò Paul Bocuse, quasi quaranta anni fa, come associazione che mettesse a confronto i migliori chef in Europa, ad oggi le cose sono molto cambiate. Oggi quale è la considerazione riservata alla cucina italiana all’interno della Comunità Europea? In cosa ci distinguiamo principalmente?
Penso che la cucina italiana certamente abbia un ruolo da protagonista in Europa e nel mondo, soprattutto per la nostra storia; inoltre l’Italia dopo la Francia è la nazione che in Europa ha più stelle Michelin. Poi se solo si pensa alla qualità e all’abbondanza di materia prima che abbiamo, siamo invidiati da tutti. L’Italia non ha bisogno di importare quasi nulla, qui in UK si importa l’80-90%.
Ad un giovane chef italiano che volesse operare nel Regno Unito cosa suggerisce? Quale è la strada migliore oggi per farsi le ossa e farsi conoscere? Quando ero giovane ho fatto scelte dettate più dal fattore economico che da quello professionale. E questo è il mio più grande rimorso. Se potessi tornare indietro cambierei un po’ di cose. Ad un giovane chef consiglierei di non mollare mai, di lavorare in posti che ti fanno crescere professionalmente. Essere coerenti e decisi nel proprio lavoro. Aggiornarsi sempre e confrontarsi. Il nostro può essere un lavoro duro e stressante e solo se fatto con amore e passione si ottengono grandi soddisfazioni.
Qualche progetto per il futuro? Un sogno nel cassetto? Con la pandemia che ancora rallenta tutto non è facile fare nuovi progetti, ma sicuramente ho intenzione di ritornare a viaggiare per crescere ed aggiornarmi sempre più.
Del sogno nel cassetto? Ne ho già parlato!
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Nato a Gorizia il 29 Agosto 1952, all’età di 16 anni rileva l’osteria paterna che nella filosofia della valorizzazione delle tradizioni culinarie del territorio evolve sino ad ottenere nel 2008 una stella Michelin. Nel 1977 sposa Loredana Antoni che lo affianca nell’attività. E’ difficile credere che in una persona poco più che sessantenne possano essere …
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.
Il nostro uomo a Anstey: Andrea Scarpati
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati e ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa, un luogo dove crescere e sperimentare, nel quale offrire la propria creatività e raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come la tradizione culinaria italiana viene recepita in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Andrea Scarpati, Chef proprietario Sapori Restaurant di Anstey, U.K.
Lei vive in Inghilterra da più di 20 anni, ma il suo ristorante Sapori, aperto nel 2011 con sua moglie Cristina, parla da sempre italiano. Cosa ha determinato l’dea di aprire un ristorante italiano, non nel centro di una metropoli, ma un po’ defilato, in un piccolo insediamento urbano nelle vicinanze di Leicester? Ha faticato per farsi conoscere su tutto il territorio nazionale?
Ebbene sì, sono più di 20 anni che vivo in Inghilterra. Inizialmente ho lavorato in diversi ristoranti, dove comunque anche se ero Head Chef, la libertà di esprimermi è stata sempre limitata. Nel 2002 ho conosciuto mia moglie Cristina e con lei abbiamo maturato desideri e progetti di una vita insieme. Mia moglie ha sempre creduto in me e grazie anche a lei ho avuto la forza di “rischiare”. Dico rischiare perché lasciare un posto sicuro e ben pagato per aprire una nuova attività (qualunque essa sia) è sempre un rischio.
Così è cominciata la ricerca del posto giusto per il nostro ristorante. Il nostro budget era molto limitato quindi non è stato semplice. In realtà non abbiamo mai avuto interesse per il centro di Leicester perché troppo saturo di fast-food e catene di “fake Italian” che, inevitabilmente, attirano una clientela alla ricerca di discount codes e pasti economici. Abbiamo visitato diverse location nel countryside di Leicester e poi siamo arrivati ad Anstey. Il building non era uno dei migliori, ma il villaggio è ben collegato e abbiamo subito visto del potenziale. Nel 2011 abbiamo finalmente aperto Sapori. Non è stato per niente semplice inizialmente…farsi conoscere, le diverse ristrutturazioni al locale…ma pian piano e con passione e determinazione ci siamo riusciti.
Io e mia moglie siamo sempre stati dell’idea che se si lavora bene e si riesce a dare qualcosa di bello e buono, prima o poi la gente viene da te. Non importa tantissimo dove sei.
Certo la location aiuta…se avessimo potuto aprire il nostro ristorante a Mayfair a Londra magari ad oggi il mio sogno nel cassetto si sarebbe avverato…chissà! E con questo ho risposto anche all’ultima delle vostre domande.
Ha vinto per ben due anni di seguito il premio come miglior ristorante italiano del Regno Unito, ma sappiamo bene che il termine “cucina italiana” è un termine troppo generico per identificare la molteplicità di espressioni, tecniche, tradizioni che identificano la cucina regionale italiana. Lei con il termine cucina italiana, cosa intende?
Vincere è stato bello, emozionante ed inoltre ci ha spronato a fare sempre meglio, ricevendo 2 rosette sulla guida AA e il Michelin Plate nel 2019.
Sono d’accordo, il termine “cucina italiana” è troppo generico. Noi siamo una nazione composta da 20 regioni e ognuna di essa ha una sua tradizione e resta a noi rispettarle. Ecco, come “cucina italiana” intendo “rispetto delle nostre tradizioni”.
Quanto delle sue origini campane ha portato con se?
Le mie origini sono evidenti in molti dei nostri piatti, ma, vivendo in Inghilterra da più di 20 anni, ho comunque cercato di usare anche diversi prodotti del territorio. Al momento sul nostro menu si possono anche trovare piatti come il cervo, il piccione e l’halibut per esempio.
Cervo, scorzonera, mela, broccoli e pepe verde.
Ha adattato alcune ricette al gusto inglese? Ha dovuto rinunciare all’utilizzo di qualche ingrediente o ha dovuto modificare qualche tecnica di cottura?
Quando abbiamo aperto nel 2011 siamo partiti con un menu più semplice, cercando anche di accontentare le varie richieste fuori menu fatte dai locals. Quando apri una nuova attività sei condizionato da altri fattori (costi, personale, debiti accumulati per l’apertura), ma comunque dentro sentivo che non era quello che volevo, era frustrante. Allora ho deciso di cambiare rotta e seguire la mia passione cambiando gradualmente il menu, investendo in nuove attrezzature, allargando la cucina e migliorando tecniche e stile per arrivare a dove siamo oggi. Ora sono fiero e soddisfatto di averlo fatto!
Come si regola per l’approvvigionamento delle materie prime? Trova tutto sul luogo o si avvale anche di fornitori italiani?
Certamente in Inghilterra non riusciamo a trovare tutto quello che vorremmo, ma rispetto a quando sono venuto qui 20 anni fa si trovano molte più cose. Poi da quando l’Inghilterra è uscita dall’Europa tutto è diventato più caro e complicato anche per tempi e consegne.
Per quando riguarda pesce, carne e maggior parte della frutta e verdura ci serviamo di fornitori e produttori locali. Il pesce lo facciamo arrivare dalla Cornovaglia o Scozia.
Essendo un ristorante italiano alcuni prodotti dobbiamo importarli direttamente dall’Italia o appoggiarci a rivenditori italiani presenti in Inghilterra.
Polpo, patate, peperoni, cipolla e aglio nero
La sua clientela abituale è principalmente locale, inglese o internazionale?
La maggior parte dei nostri clienti abituali sono del Leicestershire e Midland, tra questi una buona percentuale di italiani che apprezzano la nostra cucina. Poi ci sono anche clienti lontani dal Leicestershire che tornano a trovarci.
Ci può descrivere le caratteristiche principali del suo stile di cucina che viene considerato dai principali critici gastronomici innovativo, ma profondamente legato alle tradizioni del Mediterraneo?
Si corretto, la mia cucina è una cucina innovativa e fortemente legata alle nostre tradizioni. Incidono molto anche l’istinto e la passione che ho verso il mio lavoro. Caratteristica anche molto importante, forse la principale ed essenziale per essere diversi dalla massa qui in UK, è quella del “homemade”…tutto quello che serviamo ai nostri clienti è fatto da noi, dal pane e burro al gelato e tutta la pasticceria.
Gnocchi alla Sorrentina
Come si regola nei confronti delle varie tendenze ecogreen attuali, come clienti vegetariani o vegani? Nei suoi menu sono previsti piatti specifici? Ha fatto qualche particolare ricerca in merito?
Ricerche sempre. Bisogna essere costantemente aggiornati sulle varie tendenze. Ma, detto questo, non abbiamo menu specifici per vegani per esempio. Per noi un vegano non è differente da un vegetariano o un celiaco…nel senso che sono tutti clienti con esigenze particolari. Sul menu abbiamo piatti vegetariani, ma cucinando al momento cerchiamo, quando possibile, di modificare i piatti per soddisfare le esigenze ed intolleranze di alcuni clienti. Questo sempre nel rispetto delle nostre tradizioni ovviamente.
E’ stato selezionato come unico membro nel Regno Unito dal Charming Italian Chef, una associazione molto selettiva sulla scelta dei professionisti che accoglie, i quali devono avere tutti una profonda attenzione per la qualità della materia prima nel rispetto della tradizione italiana. Sente la responsabilità di rappresentare il nostro Paese come un ambasciatore dell’alta cucina?
Per me, far parte della CHIC è un motivo d’orgoglio ed essere stato scelto significa che stiamo facendo un buon lavoro. Rappresentare l’Italia all’estero deve essere un senso di responsabilità che tutti noi dovremmo avere e se sono qui a fare questa intervista significa che lo sto facendo nel modo giusto.
Tiramisu 2022
Lei fa anche parte di Euro Toques. Da quando la pensò Paul Bocuse, quasi quaranta anni fa, come associazione che mettesse a confronto i migliori chef in Europa, ad oggi le cose sono molto cambiate. Oggi quale è la considerazione riservata alla cucina italiana all’interno della Comunità Europea? In cosa ci distinguiamo principalmente?
Penso che la cucina italiana certamente abbia un ruolo da protagonista in Europa e nel mondo, soprattutto per la nostra storia; inoltre l’Italia dopo la Francia è la nazione che in Europa ha più stelle Michelin. Poi se solo si pensa alla qualità e all’abbondanza di materia prima che abbiamo, siamo invidiati da tutti. L’Italia non ha bisogno di importare quasi nulla, qui in UK si importa l’80-90%.
Ad un giovane chef italiano che volesse operare nel Regno Unito cosa suggerisce? Quale è la strada migliore oggi per farsi le ossa e farsi conoscere?
Quando ero giovane ho fatto scelte dettate più dal fattore economico che da quello professionale. E questo è il mio più grande rimorso. Se potessi tornare indietro cambierei un po’ di cose. Ad un giovane chef consiglierei di non mollare mai, di lavorare in posti che ti fanno crescere professionalmente. Essere coerenti e decisi nel proprio lavoro. Aggiornarsi sempre e confrontarsi. Il nostro può essere un lavoro duro e stressante e solo se fatto con amore e passione si ottengono grandi soddisfazioni.
Qualche progetto per il futuro? Un sogno nel cassetto?
Con la pandemia che ancora rallenta tutto non è facile fare nuovi progetti, ma sicuramente ho intenzione di ritornare a viaggiare per crescere ed aggiornarmi sempre più.
Del sogno nel cassetto? Ne ho già parlato!
Related Posts
Il nostro uomo a Bangkok
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Conversazione con Joško Sirk
Nato a Gorizia il 29 Agosto 1952, all’età di 16 anni rileva l’osteria paterna che nella filosofia della valorizzazione delle tradizioni culinarie del territorio evolve sino ad ottenere nel 2008 una stella Michelin. Nel 1977 sposa Loredana Antoni che lo affianca nell’attività. E’ difficile credere che in una persona poco più che sessantenne possano essere …
ll nostro uomo a Hong Kong
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Conversazione con Niccolò Reverdini
Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.