Viviamo in un’epoca in cui la fotografia del cibo è onnipresente. Siamo bombardati da immagini di cibo nella pubblicità, sui social media e nei libri di cucina. Ne L’Equazione del gusto, l’autore Nik Sharma sapeva fin dall’inizio che alcuni concetti sarebbero stati meglio espressi attraverso illustrazioni e infografiche e questo ci sembra un gradito allontanamento dall’assalto di food porn e un invito a pensare più attentamente a come le infografiche e le illustrazioni potrebbero essere utilizzate meglio nei libri di cucina.
Abbiamo rivolto a Matteo Riva, creatore delle fantastiche illustrazioni di questo libro, alcune domande sulla sua esperienza in questo progetto. Grafico e illustratore apprezzato a livello internazionale, il suo lavoro è apparso in pubblicazioni che spaziano da La Repubblica a Wired, dal Corriere della Sera a Monocle. Oltre al suo lavoro come art directory della rivista Vita, Riva insegna design dell’informazione al Politecnico di Torino.
Ne L’Equazione del gusto ha illustrato cose che spaziano dalla struttura delle papille gustative all’anatomia di una ricetta, passando da rappresentazioni specifiche e concrete a quelle molto più concettuali. È stato difficile trovare un linguaggio visivo comune per cose così diverse?
È stato un lavoro di team, con Nik (che mi forniva direttamente i suoi pensieri schizzati su un foglio) e Lizzie Vaughan, l’art director del libro, che mi ha fornito gli elementi fondativi del progetto grafico (tipografia, colori, ecc.). Come primo passo nel progetto delle infografiche ho preparato questa piccola guida stilistica che di fatto ha poi guidato l’intero processo di illustrazione. Questa è stata un po’ la chiave risolutiva che, di fatto, ha agevolato e reso piacevole questo lavoro. Diciamo che in questo senso la mia esperienza mi ha aiutato a indirizzare le cose nel verso giusto…
Quando un editore presenta il brief per un progetto come questo, da dove si inizia? Deve destreggiarsi tra parole, immagini, numeri e una palette di colori. Quale è il suo processo?
Come anticipato nella domanda precedente, ho proposto all’autore un metodo di lavoro pragmatico anticipando una tavola stilistica che avrebbe definito poi il look & feel delle illustrazioni del libro.
Ha realizzato più di 20 diverse infografiche per L’Equazione del gusto. Quale fra queste le ha creato più grattacapi?
Forse la vera difficoltà a volte era riuscire a seguire fedelmente il pensiero di Nik, che a me arrivava su fogli-appunti “volanti”. Spesso la codifica di questi ultimi richiedeva molta concentrazione e impegno.
Molte delle infografiche in questo libro fanno un ottimo lavoro nel mettere a fuoco cose che sappiamo piuttosto istintivamente, ma che forse non siamo mai stati in grado di esprimere chiaramente, come quella a p. 19 che raffigura il rapporto tra emozione e gusto. Lavorare a questo progetto ha creato situazioni in cui anche per lei si accendeva una lampadina? Ha affinato alcune delle sue idee sul cibo e sul gusto?
Ricordo qualche anno fa (2013 mi pare) che furono messi in mostra i disegni di Carl Gustav Jung alla Biennale d’Arte di Venezia, nel padiglione Centrale. Quella infografica è figlia sicuramente di quell’osservazione, di cui avevo fatto tesoro. Una tavola d’ispirazione quasi “psicografica” definirei…
La mia illustrazione preferita è quella di p. 31: Categorie di consistenze del cibo. Non è certo la più complessa del progetto, ma mi sembra che fosse un compito difficile trovare una rappresentazione visiva per la consistenza di cibi diversi nelle nostre bocche. In un modo molto sottile, la grafica unisce l’aspetto onomatopeico delle parole a delle forme geometriche per comunicare visivamente una cosa che percepiamo con un altro senso. La foto porta sempre il suo bagaglio di emozioni, ma non è in grado di fare questo. Dobbiamo batterci di più per il valore aggiunto delle infografiche nel mondo culinario?
Concordo, è stata una delle più divertenti da illustrare! Da un lato la presenza di elementi figurativi e curiosi, come ad esempio gli orsetti di gomma, ne agevola sicuramente l’estetica piacevolmente colorata e ricca di forme. Dall’altro ho provato anche qui a forzare un tipo di approccio più psicografico che pittografico, costruendo degli “psicogrammi” che evocassero delle sensazioni e degli stimoli mentali.
Come se la cava in cucina? Ha sperimentato qualche ricetta dal libro?
Mi piace molto provare diverse cucine, motivo per cui, per provarle, mi trovo spesso ad uscire fuori casa più che affidarmi “al fai da te” 🙂
Elisa Pozzi, 31 anni, dopo gli studi di Agraria alla Statale di Milano e quelli all’American School of Milan, decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia: un allevamento di Frisone a Zibido San Giacomo, alle porte di Milano.
Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.
Verde Camilla Parmigiani è una Vegan Luxury Specialist italiana. Fondatrice e proprietaria di Vegan Set, il primo sito web sull’alta cucina vegetale. Con 18 anni di esperienza nel settore alberghiero, è una consulente di ospitalità che supporta hotel e gruppi alberghieri nella progettazione di servizi dedicati alle nuove sensibilità etiche, ambientali e salutistiche dei clienti. …
Classe 1981, a quattordici anni lascia il suo paese per iniziare a lavorare come cameriere. Così dal gradino più basso della gerarchia della cucina, inizia la sua scalata che lo porta alla corte di grandi maestri come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse. A 25 anni sceglie di tornare a San Gennaro Vesuviano, dove decide di …
Una conversazione con Matteo Riva, Information Designer
Viviamo in un’epoca in cui la fotografia del cibo è onnipresente. Siamo bombardati da immagini di cibo nella pubblicità, sui social media e nei libri di cucina. Ne L’Equazione del gusto, l’autore Nik Sharma sapeva fin dall’inizio che alcuni concetti sarebbero stati meglio espressi attraverso illustrazioni e infografiche e questo ci sembra un gradito allontanamento dall’assalto di food porn e un invito a pensare più attentamente a come le infografiche e le illustrazioni potrebbero essere utilizzate meglio nei libri di cucina.
Abbiamo rivolto a Matteo Riva, creatore delle fantastiche illustrazioni di questo libro, alcune domande sulla sua esperienza in questo progetto. Grafico e illustratore apprezzato a livello internazionale, il suo lavoro è apparso in pubblicazioni che spaziano da La Repubblica a Wired, dal Corriere della Sera a Monocle. Oltre al suo lavoro come art directory della rivista Vita, Riva insegna design dell’informazione al Politecnico di Torino.
Ne L’Equazione del gusto ha illustrato cose che spaziano dalla struttura delle papille gustative all’anatomia di una ricetta, passando da rappresentazioni specifiche e concrete a quelle molto più concettuali. È stato difficile trovare un linguaggio visivo comune per cose così diverse?
È stato un lavoro di team, con Nik (che mi forniva direttamente i suoi pensieri schizzati su un foglio) e Lizzie Vaughan, l’art director del libro, che mi ha fornito gli elementi fondativi del progetto grafico (tipografia, colori, ecc.). Come primo passo nel progetto delle infografiche ho preparato questa piccola guida stilistica che di fatto ha poi guidato l’intero processo di illustrazione. Questa è stata un po’ la chiave risolutiva che, di fatto, ha agevolato e reso piacevole questo lavoro. Diciamo che in questo senso la mia esperienza mi ha aiutato a indirizzare le cose nel verso giusto…
Quando un editore presenta il brief per un progetto come questo, da dove si inizia? Deve destreggiarsi tra parole, immagini, numeri e una palette di colori. Quale è il suo processo?
Come anticipato nella domanda precedente, ho proposto all’autore un metodo di lavoro pragmatico anticipando una tavola stilistica che avrebbe definito poi il look & feel delle illustrazioni del libro.
Ha realizzato più di 20 diverse infografiche per L’Equazione del gusto. Quale fra queste le ha creato più grattacapi?
Forse la vera difficoltà a volte era riuscire a seguire fedelmente il pensiero di Nik, che a me arrivava su fogli-appunti “volanti”. Spesso la codifica di questi ultimi richiedeva molta concentrazione e impegno.
Molte delle infografiche in questo libro fanno un ottimo lavoro nel mettere a fuoco cose che sappiamo piuttosto istintivamente, ma che forse non siamo mai stati in grado di esprimere chiaramente, come quella a p. 19 che raffigura il rapporto tra emozione e gusto. Lavorare a questo progetto ha creato situazioni in cui anche per lei si accendeva una lampadina? Ha affinato alcune delle sue idee sul cibo e sul gusto?
Ricordo qualche anno fa (2013 mi pare) che furono messi in mostra i disegni di Carl Gustav Jung alla Biennale d’Arte di Venezia, nel padiglione Centrale. Quella infografica è figlia sicuramente di quell’osservazione, di cui avevo fatto tesoro. Una tavola d’ispirazione quasi “psicografica” definirei…
La mia illustrazione preferita è quella di p. 31: Categorie di consistenze del cibo. Non è certo la più complessa del progetto, ma mi sembra che fosse un compito difficile trovare una rappresentazione visiva per la consistenza di cibi diversi nelle nostre bocche. In un modo molto sottile, la grafica unisce l’aspetto onomatopeico delle parole a delle forme geometriche per comunicare visivamente una cosa che percepiamo con un altro senso. La foto porta sempre il suo bagaglio di emozioni, ma non è in grado di fare questo. Dobbiamo batterci di più per il valore aggiunto delle infografiche nel mondo culinario?
Concordo, è stata una delle più divertenti da illustrare! Da un lato la presenza di elementi figurativi e curiosi, come ad esempio gli orsetti di gomma, ne agevola sicuramente l’estetica piacevolmente colorata e ricca di forme. Dall’altro ho provato anche qui a forzare un tipo di approccio più psicografico che pittografico, costruendo degli “psicogrammi” che evocassero delle sensazioni e degli stimoli mentali.
Come se la cava in cucina? Ha sperimentato qualche ricetta dal libro?
Mi piace molto provare diverse cucine, motivo per cui, per provarle, mi trovo spesso ad uscire fuori casa più che affidarmi “al fai da te” 🙂
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