Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa e un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come viene recepita la tradizione culinaria italiana in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città)
Attualmente sono l’Italian Head Chef presso Acqua, all’interno del Grand Kempinski Hotel di Shanghai, Pudong.
Marco Erba
Il suo curriculum include diverse esperienze all’estero. Cosa fa per ambientarsi velocemente in una nuova cultura gastronomica, in una nuova cucina con una nuova brigata?
Credo che, soprattutto quando si entra in contatto con culture diverse dalla propria, sia il rispetto a giocare il ruolo più cruciale: è essenziale sapersi muovere in punta di piedi attorno agli altri, studiando l’ambiente circostante e dimostrandosi ricettivi verso il bagaglio culturale di ciascun membro della brigata.
È così che si scopre che atteggiamenti che in un Paese sono la normalità, in un altro possono risultare irrispettosi o offensivi.
Il 2018 è stato un anno ricco di riconoscimenti per Acqua: Oustanding Chef, Excellent Dining Venue, Excellent Service, ecc. Come combatte l’inevitabile pressione che fa parte del pacchetto degli elogi?
Accettando tanto i complimenti quanto le critiche, e cucinando per ogni ospite con la medesima professionalità. La pressione fa parte del gioco, il tutto sta nel renderla uno stimolo, non un ostacolo.
Acqua restaurant – Grand Kempinski Hotel
Il Grand Hotel Kempinski è situato nel cuore della zona finanziaria di Shanghai. Qual è il tipo di clientela che predilige la cucina dell’Hotel?
In questo primo anno a Shanghai ho notato che il ventaglio della clientela del ristorante è il più ampio che io abbia mai visto. Shanghai è una città pazzesca, fornisce costantemente nuovi stimoli e nuove sfide; in questa città l’industria dell’hospitality è fiorente e competitiva e, di conseguenza, gli ospiti sono curiosi, esigenti e pieni di aspettative.
Sì, Pudong è l’area finanziaria di Shanghai e durante il giorno è come un fiume in piena, ma allo stesso tempo non è molto popolata la sera, una volta passato il badge d’uscita dall’ufficio.
Il servizio del pranzo è composto da un set lunch che comprende un buffet di antipasti e dessert, una zuppa del giorno e la scelta tra due piatti principali che cambiano quotidianamente seguendo gli ingredienti di stagione, una soluzione veloce e adatta ai ritmi frenetici degli ospiti che in questo turno vengono principalmente dagli uffici adiacenti l’hotel.
Abbiamo inoltre un menu à la carte che comprende alcuni classici della cucina italiana, come i Ravioli di zucca, fonduta al Parmigiano, finferli, mandorle arrostite e salvia fritta, ma anche piatti più ricercati, come la Lombatina di cervo, castagne glassate, demi glace ai mirtilli, verza saltata e lardo alle erbe.
Pudong è una grande sfida perché ti porta a impegnarti ancora di più per convincere gli ospiti che vale la pena attraversare anche dopo il lavoro il fiume Huangpu, che divide Pudong da Puxi, e godersi una cena da Acqua.
La sua filosofia di cucina italiana su quali elementi si basa?
Il pilastro portante di ogni menù è il rispetto del gusto. Ciò per cui la cucina italiana è tanto apprezzata nel mondo è l’effetto sorpresa che il primo boccone porta con sé, che deve avere un tono deciso, netto nel riconoscimento dei sapori, ma al tempo stesso ricco di contrasti.
Ravioli di zucca, fonduta di Parmigiano, finferli, mandorle arrostite e salvia fritta – Foto: Autumn Qui
Ha difficoltà a reperire in loco ingredienti che siano davvero quelli territoriali e regionali italiani?
Shanghai è una città molto aperta a livello internazionale, pertanto non ci è difficile reperire ingredienti italiani, ma fare cucina italiana con ingredienti italiani è facile: la sfida di ogni giorno è creare piatti utilizzando ingredienti locali in stile italiano.
Un ingrediente locale di cui non può fare a meno?
Per rifarmi a ciò che dicevo prima, a Shanghai ho realmente capito l’importanza di utilizzare gli ingredienti cinesi in stile italiano. È facile importare prodotti dall’Italia, ma è molto più stimolante cercare prodotti locali, assaggiarli e provare a costruire piatti e abbinamenti con la brigata di cucina. Recentemente ho scoperto i tartufi bianchi di Yunnan, semplicemente fantastici, credo che li userò spesso nei prossimi menù, per non parlare poi dei funghi, qui in Cina ce n’è una varietà infinita.
Quale ricetta attualmente in menu la rappresenta maggiormente?
Il Petto d’anatra arrostito, barbabietole e pastinaca cotte in grasso d’oca, daikon sott’aceto, jus d’anatra e basilico rosso è forse quello che più rappresenta il concetto di contrasti di gusto e consistenze alla base del menu.
Petto d’anatra arrostito, barbabietole e pastinaca cotte in grasso d’oca, daikon sott’aceto jus d’anatra e basilico rosso – Foto: Pavel Shubskiy
Cosa lo ha colpito maggiormente nelle abitudini alimentari della popolazione della sua città adottiva? C’è qualche piatto tipico che le è piaciuto particolarmente?
Indubbiamente lo shock iniziale è stato lo scontro con l’utilizzo del sale nei piatti: ho lavorato in Europa e Australia, dove l’uso del sale è parte integrante della cultura gastronomica. Il palato cinese è invece abituato a una intensità di sapori dovuta per lo più all’uso di spezie, marinature, con particolare attenzione all’uso del piccante: basti pensare alla cucina tradizionale del Sichuan, dove gli Scoville (unità di misura della piccantezza) raggiungono picchi quasi insopportabili per il palato europeo. Ricordo bene le prime interminabili giornate in cucina, passate a sottoporre le mie idee al palato dell’Executive Chef, Bruno Bruesch, ormai da parecchi anni in Cina e gran conoscitore del gusto orientale, il quale è stato di fondamentale aiuto nella ricalibrazione delle ricette.
Al di là di piatti tipici quali la Beijing Duck e le innumerevoli varietà di dumplings, la cultura gastronomica cinese si sta evolvendo, raggiungendo altissimi livelli di fine dining che non hanno nulla da invidiare a ristoranti stellati in ogni altro Paese al mondo. Una delle preparazioni più curiose provate negli ultimi mesi sono i “xiaolongbao”, una particolare varietà di dumpling contenente zuppa, oltre al classico ripieno, che può andare da maiale brasato con verdure fino ad arrivare a tartufo nero e ricci di mare nei ristoranti e hotel di lusso.
Ciò che mi affascina della cultura gastronomica cinese è inoltre la convivialità con la quale viene vissuto ogni pasto: dal famoso hot pot al chinese bbq, “condivisione” è la parola chiave.
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce la città, c’è un luogo, un locale, un monumento, giardino o qualcos’altro che consiglia di visitare prima di ripartire?
Senza esitazione, vedere il sole che sorge dietro la skyline di Shanghai è uno spettacolo che vale più di mille attrazioni in città.
La distanza offre una prospettiva diversa: le sembra che la scena gastronomica italiana abbia subito un’evoluzione o un’involuzione?
Sicuramente sta subendo una rapida evoluzione attraverso la semplicità dei sapori autentici, “togliendo” invece di “aggiungere”, senza perdere di vista la tradizione.
Quali aspettative per il futuro? Un sogno nel cassetto? Sono stato accolto in Cina con un’ospitalità meravigliosa, mi sono innamorato di questo Paese dal primo momento in cui vi ho messo piede. I margini di sviluppo sono enormi, mi auguro vivamente di poter crescere personalmente e professionalmente in un ambiente così stimolante.
I sogni nel cassetto non si possono rivelare, altrimenti non si avverano!
Cuoco senza stelle è un racconto autobiografico. Un critico letterario potrebbe anche classificarlo come un romanzo di formazione in quanto racconta le esperienze e le emozioni che hanno accompagnato l’autore nel corso della propria esistenza per diventare l’uomo e il professionista che è oggi, ma è anche un libro di insegnamenti tecnici e concreti per …
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Nella nostra intervista a Valerio Massimo Visintin, l’autore ci parla del suo nuovo libro e di quel campo minato che è l’attuale settore dell’ospitalità in Italia.
Consulente del lavoro, revisore ufficiale dei conti, giornalista pubblicista, e dal 2014 imprenditore agricolo. Esperto in: organizzazione del lavoro, analisi di processi e flussi aziendali, rapporti sindacali, flessibilità del lavoro, riorganizzazioni e ristrutturazioni aziendali, motivazione, progettazione di new business e creazione posti di lavoro a livello internazionale. Con alle spalle oltre 200 corsi come docente …
ll nostro uomo a Shanghai
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere.
Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e culture lontane dall’Italia una seconda casa e un luogo dove crescere e sperimentare, dove offrire la propria creatività e dove raccogliere il valore di altre tradizioni culinarie.
Ne abbiamo intervistati alcuni perché ci raccontino la loro esperienza e anche per approfondire come viene recepita la tradizione culinaria italiana in altre parti del mondo, al di là della banale retorica fatta di pizze e spaghetti al pomodoro.
Posizione attuale (incarico / nome ristorante / albergo / città)
Attualmente sono l’Italian Head Chef presso Acqua, all’interno del Grand Kempinski Hotel di Shanghai, Pudong.
Marco Erba
Il suo curriculum include diverse esperienze all’estero. Cosa fa per ambientarsi velocemente in una nuova cultura gastronomica, in una nuova cucina con una nuova brigata?
Credo che, soprattutto quando si entra in contatto con culture diverse dalla propria, sia il rispetto a giocare il ruolo più cruciale: è essenziale sapersi muovere in punta di piedi attorno agli altri, studiando l’ambiente circostante e dimostrandosi ricettivi verso il bagaglio culturale di ciascun membro della brigata.
È così che si scopre che atteggiamenti che in un Paese sono la normalità, in un altro possono risultare irrispettosi o offensivi.
Il 2018 è stato un anno ricco di riconoscimenti per Acqua: Oustanding Chef, Excellent Dining Venue, Excellent Service, ecc. Come combatte l’inevitabile pressione che fa parte del pacchetto degli elogi?
Accettando tanto i complimenti quanto le critiche, e cucinando per ogni ospite con la medesima professionalità. La pressione fa parte del gioco, il tutto sta nel renderla uno stimolo, non un ostacolo.
Acqua restaurant – Grand Kempinski Hotel
Il Grand Hotel Kempinski è situato nel cuore della zona finanziaria di Shanghai. Qual è il tipo di clientela che predilige la cucina dell’Hotel?
In questo primo anno a Shanghai ho notato che il ventaglio della clientela del ristorante è il più ampio che io abbia mai visto. Shanghai è una città pazzesca, fornisce costantemente nuovi stimoli e nuove sfide; in questa città l’industria dell’hospitality è fiorente e competitiva e, di conseguenza, gli ospiti sono curiosi, esigenti e pieni di aspettative.
Sì, Pudong è l’area finanziaria di Shanghai e durante il giorno è come un fiume in piena, ma allo stesso tempo non è molto popolata la sera, una volta passato il badge d’uscita dall’ufficio.
Il servizio del pranzo è composto da un set lunch che comprende un buffet di antipasti e dessert, una zuppa del giorno e la scelta tra due piatti principali che cambiano quotidianamente seguendo gli ingredienti di stagione, una soluzione veloce e adatta ai ritmi frenetici degli ospiti che in questo turno vengono principalmente dagli uffici adiacenti l’hotel.
Abbiamo inoltre un menu à la carte che comprende alcuni classici della cucina italiana, come i Ravioli di zucca, fonduta al Parmigiano, finferli, mandorle arrostite e salvia fritta, ma anche piatti più ricercati, come la Lombatina di cervo, castagne glassate, demi glace ai mirtilli, verza saltata e lardo alle erbe.
Pudong è una grande sfida perché ti porta a impegnarti ancora di più per convincere gli ospiti che vale la pena attraversare anche dopo il lavoro il fiume Huangpu, che divide Pudong da Puxi, e godersi una cena da Acqua.
La sua filosofia di cucina italiana su quali elementi si basa?
Il pilastro portante di ogni menù è il rispetto del gusto. Ciò per cui la cucina italiana è tanto apprezzata nel mondo è l’effetto sorpresa che il primo boccone porta con sé, che deve avere un tono deciso, netto nel riconoscimento dei sapori, ma al tempo stesso ricco di contrasti.
Ravioli di zucca, fonduta di Parmigiano, finferli, mandorle arrostite e salvia fritta – Foto: Autumn Qui
Ha difficoltà a reperire in loco ingredienti che siano davvero quelli territoriali e regionali italiani?
Shanghai è una città molto aperta a livello internazionale, pertanto non ci è difficile reperire ingredienti italiani, ma fare cucina italiana con ingredienti italiani è facile: la sfida di ogni giorno è creare piatti utilizzando ingredienti locali in stile italiano.
Un ingrediente locale di cui non può fare a meno?
Per rifarmi a ciò che dicevo prima, a Shanghai ho realmente capito l’importanza di utilizzare gli ingredienti cinesi in stile italiano. È facile importare prodotti dall’Italia, ma è molto più stimolante cercare prodotti locali, assaggiarli e provare a costruire piatti e abbinamenti con la brigata di cucina. Recentemente ho scoperto i tartufi bianchi di Yunnan, semplicemente fantastici, credo che li userò spesso nei prossimi menù, per non parlare poi dei funghi, qui in Cina ce n’è una varietà infinita.
Quale ricetta attualmente in menu la rappresenta maggiormente?
Il Petto d’anatra arrostito, barbabietole e pastinaca cotte in grasso d’oca, daikon sott’aceto, jus d’anatra e basilico rosso è forse quello che più rappresenta il concetto di contrasti di gusto e consistenze alla base del menu.
Petto d’anatra arrostito, barbabietole e pastinaca cotte in grasso d’oca, daikon sott’aceto jus d’anatra e basilico rosso – Foto: Pavel Shubskiy
Cosa lo ha colpito maggiormente nelle abitudini alimentari della popolazione della sua città adottiva? C’è qualche piatto tipico che le è piaciuto particolarmente?
Indubbiamente lo shock iniziale è stato lo scontro con l’utilizzo del sale nei piatti: ho lavorato in Europa e Australia, dove l’uso del sale è parte integrante della cultura gastronomica. Il palato cinese è invece abituato a una intensità di sapori dovuta per lo più all’uso di spezie, marinature, con particolare attenzione all’uso del piccante: basti pensare alla cucina tradizionale del Sichuan, dove gli Scoville (unità di misura della piccantezza) raggiungono picchi quasi insopportabili per il palato europeo. Ricordo bene le prime interminabili giornate in cucina, passate a sottoporre le mie idee al palato dell’Executive Chef, Bruno Bruesch, ormai da parecchi anni in Cina e gran conoscitore del gusto orientale, il quale è stato di fondamentale aiuto nella ricalibrazione delle ricette.
Al di là di piatti tipici quali la Beijing Duck e le innumerevoli varietà di dumplings, la cultura gastronomica cinese si sta evolvendo, raggiungendo altissimi livelli di fine dining che non hanno nulla da invidiare a ristoranti stellati in ogni altro Paese al mondo. Una delle preparazioni più curiose provate negli ultimi mesi sono i “xiaolongbao”, una particolare varietà di dumpling contenente zuppa, oltre al classico ripieno, che può andare da maiale brasato con verdure fino ad arrivare a tartufo nero e ricci di mare nei ristoranti e hotel di lusso.
Ciò che mi affascina della cultura gastronomica cinese è inoltre la convivialità con la quale viene vissuto ogni pasto: dal famoso hot pot al chinese bbq, “condivisione” è la parola chiave.
Quando viene a trovarla qualcuno che non conosce la città, c’è un luogo, un locale, un monumento, giardino o qualcos’altro che consiglia di visitare prima di ripartire?
Senza esitazione, vedere il sole che sorge dietro la skyline di Shanghai è uno spettacolo che vale più di mille attrazioni in città.
La distanza offre una prospettiva diversa: le sembra che la scena gastronomica italiana abbia subito un’evoluzione o un’involuzione?
Sicuramente sta subendo una rapida evoluzione attraverso la semplicità dei sapori autentici, “togliendo” invece di “aggiungere”, senza perdere di vista la tradizione.
Quali aspettative per il futuro? Un sogno nel cassetto?
Sono stato accolto in Cina con un’ospitalità meravigliosa, mi sono innamorato di questo Paese dal primo momento in cui vi ho messo piede. I margini di sviluppo sono enormi, mi auguro vivamente di poter crescere personalmente e professionalmente in un ambiente così stimolante.
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