Spinti da vari sistemi di rating che li incoraggiano a lottare per uno status che raramente risulta economicamente sostenibile, gli chef si trovano in un girone Dantesco. Chi ruota intorno al loro mondo – giornalisti, addetti stampa, influencer e promotori vari – costituisce una classe parassitaria, più intenta a riscuotere pasti gratuiti che informare il pubblico.
L’autore, Valerio Massimo Visintin, giornalista e critico gastronomico, concepisce il suo mestiere in modo diverso dalla maggior parte dei suoi colleghi e non esita a segnalare i tanti conflitti di interesse insiti nel “giornalismo gastronomico” praticato in Italia. Esprime chiaramente quello di cui molti chef si lamentano, ma che raramente dicono in pubblico. Conferma ciò che la maggior parte di noi sospetta riguardo all’intreccio bizantino di sponsor e premi, svela le assurdità di un sistema che premia l’omologazione. Ci mostra cosa è diventato il mondo enogastronomico da quando andare al ristorante è stato equiparato all’intrattenimento. Non è una bella immagine.
LMDietro le stelle non è un libro di riferimenti velati. Le persone e le organizzazioni che sono implicate in conflitti di interesse sono citate. Pensa che questo abbia causato a uno di loro un accenno di imbarazzo? Siamo arrivati alla società post-vergogna?
VMV La vergogna non è un sentimento spontaneo. È il riflesso della riprovazione altrui. In un ambiente come quello del food, nel quale le cattive azioni sono un’abitudine collettiva, quindi, non può esserci vergogna. Tutt’al più, penso di aver suscitato fastidio e qualche moto di stizza. Ma di nascosto, in privato. Nei luoghi pubblici della carta e del web, c’è stata la consegna del silenzio, per accorciare la gittata e i tempi delle mie accuse. Il peggior nemico della verità è la smemoratezza.
LM Una delle categorie più interessanti esaminata nel libro sono i soldati digitali che marciano al passo con la stampa: blogger, influencer, content creator. Il “marketing in maschera” che diffondono contribuisce all’idea che pubblicità e informazione siano la stessa cosa. Questa permeabilità dei confini ha implicazioni che vanno ben oltre la credibilità di chi scrive?
VMV Il paradosso è che, per poter sopravvivere, l’informazione si sta suicidando, cedendo inesorabilmente alle ragioni della réclame. Stiamo tradendo i nostri princìpi (autonomia, analisi critica, trasparenza) per i trenta denari di uno sponsor. D’altra parte, i lettori per primi non sono disposti a pagare per fruire di un’informazione libera e indipendente. Sa, io scrivo di cuochi e pastasciutte. Argomenti marginali. Ma in ogni settore, stiamo assistendo allo sgretolamento di una delle colonne portanti della democrazia.
LM Le varie guide dell’epoca cartacea (Michelin, Gambero Rosso, ecc.) vengono continuamente criticate per la loro scarsa trasparenza, ma anche i loro successori digitali (Trip Advisor, The Fork) soffrono di opacità. È cambiato il contenitore, ma non il meccanismo?
VMV Sorrido perché è una strana quadriglia. Trip Advisor era un nuovo contenitore, come dice lei, a ingresso libero. Animato da un precetto democratico tutt’altro che disprezzabile. Disgraziatamente, ha dovuto generare un braccio economico per monetizzare la propria espansione. E difatti, da TripAdvisor è nata The Fork, piattaforma per prenotazioni. In capo a pochi anni, The Fork ha solidarizzato con i due Moloch della critica gastronomica più tradizionale, opaca e radicata: Identità Golose e Michelin. Il gioco è fatto: vecchio e nuovo si sono riuniti in un unico cerchietto magico.
LM Gli chef sfruttano la stampa gastronomica ma sono anche sfruttati dalla stampa stessa. La guida che assegna “stelle verdi” è finanziata da un’azienda che produce pneumatici per automobili. Il paladino della cucina senza sprechi è anche un ambasciatore di più marchi di lusso. Leggendo questo libro ci si fa l’idea che la condizione necessaria per confrontarsi con la “cultura del cibo” italiana è quella di poter reggere contemporaneamente due posizioni apparentemente antitetiche. È così che funziona?
VMV L’ultimo esempio regalatoci dalla cronaca è la ribellione degli chef nei confronti degli influencer che mercanteggiano cene gratis. Bravissimi. Ma non sono sempre gli stessi chef a organizzare cene stampa a beneficio di influencer e giornalisti per leggere meraviglie del proprio locale? A offrire banchetti luculliani alle firme più note per strappare una recensione benevola? Funziona proprio così e si chiama ipocrisia.
LM Vorrei terminare con una citazione che, a mio parare, racchiude il concetto chiave del libro: “Credo solo che in un sistema corrotto o che comunque funziona in toto su equilibri che si possono considerare poco etici, o se ne esce o se ne fa parte”. In sostanza, significa che siamo tutti coinvolti, implicati? Ogni commensale che consulta una guida, ogni chef che ospita il critico scroccone? Come si rompe la catena della disfunzione?
VMV Quella frase agghiacciante la scrisse un simpatico idiota tra i commenti di un post, nel quale raccontavo le magagne della critica gastronomica. Potremmo tradurla così, in termini più schietti: «Se non ti piace questo sistema, vattene. Se invece vuoi restare qui, china la testa e diventa un corrotto anche tu».
Capirà che si tratta di un teorema irricevibile. Un misto di rassegnazione supina e connivenza attiva. Potremmo riderci sopra, se non fosse il credo condiviso da una moltitudine di militanti del food: critici, blogger, influencer, chef e imprenditori. La catena si romperà soltanto con l’impegno di tutti. Ma siamo lontani da questa rivoluzione. Per ora, ognuno innaffia il proprio orticello, convinto che basti, mentre nel bosco d’intorno infuria l’incendio.
Foto (dall’alto in basso): Wilawan Pantukang, Mahin Abubackar e Ferbugs.
I libri possono essere uno specchio della personalità? Lo scatto dello scaffale vale come selfie? Allora vi presentiamo lo shelfie: la rubrica che offre un (auto)ritratto attraverso la propria biblioteca. Oggi lo “scatto” è dedicato a Paolo Marchi, il giornalista gastronomico che ha trasformato il modo di fare comunicazione nel settore in Italia. Ideatore di Identità …
Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.
Elisa Pozzi, 31 anni, dopo gli studi di Agraria alla Statale di Milano e quelli all’American School of Milan, decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia: un allevamento di Frisone a Zibido San Giacomo, alle porte di Milano.
Prima di diventare brisaola, il taglio di manzo compie un lungo cammino, o perlomeno, così dovrebbe essere. Per ottenere un prodotto d’eccellenza non si può partire da carni di seconda scelta e non si possono accelerare i tempi di produzione e stagionatura.
Valerio Massimo Visintin ci parla del suo nuovo libro
Dietro le stelle – Il lato oscuro della ristorazione italiana ritrae un settore malsano. La questione è: siamo davvero pronti per la diagnosi?
Spinti da vari sistemi di rating che li incoraggiano a lottare per uno status che raramente risulta economicamente sostenibile, gli chef si trovano in un girone Dantesco. Chi ruota intorno al loro mondo – giornalisti, addetti stampa, influencer e promotori vari – costituisce una classe parassitaria, più intenta a riscuotere pasti gratuiti che informare il pubblico.
L’autore, Valerio Massimo Visintin, giornalista e critico gastronomico, concepisce il suo mestiere in modo diverso dalla maggior parte dei suoi colleghi e non esita a segnalare i tanti conflitti di interesse insiti nel “giornalismo gastronomico” praticato in Italia. Esprime chiaramente quello di cui molti chef si lamentano, ma che raramente dicono in pubblico. Conferma ciò che la maggior parte di noi sospetta riguardo all’intreccio bizantino di sponsor e premi, svela le assurdità di un sistema che premia l’omologazione. Ci mostra cosa è diventato il mondo enogastronomico da quando andare al ristorante è stato equiparato all’intrattenimento. Non è una bella immagine.
LM Dietro le stelle non è un libro di riferimenti velati. Le persone e le organizzazioni che sono implicate in conflitti di interesse sono citate. Pensa che questo abbia causato a uno di loro un accenno di imbarazzo? Siamo arrivati alla società post-vergogna?
VMV La vergogna non è un sentimento spontaneo. È il riflesso della riprovazione altrui. In un ambiente come quello del food, nel quale le cattive azioni sono un’abitudine collettiva, quindi, non può esserci vergogna. Tutt’al più, penso di aver suscitato fastidio e qualche moto di stizza. Ma di nascosto, in privato. Nei luoghi pubblici della carta e del web, c’è stata la consegna del silenzio, per accorciare la gittata e i tempi delle mie accuse. Il peggior nemico della verità è la smemoratezza.
LM Una delle categorie più interessanti esaminata nel libro sono i soldati digitali che marciano al passo con la stampa: blogger, influencer, content creator. Il “marketing in maschera” che diffondono contribuisce all’idea che pubblicità e informazione siano la stessa cosa. Questa permeabilità dei confini ha implicazioni che vanno ben oltre la credibilità di chi scrive?
VMV Il paradosso è che, per poter sopravvivere, l’informazione si sta suicidando, cedendo inesorabilmente alle ragioni della réclame. Stiamo tradendo i nostri princìpi (autonomia, analisi critica, trasparenza) per i trenta denari di uno sponsor. D’altra parte, i lettori per primi non sono disposti a pagare per fruire di un’informazione libera e indipendente. Sa, io scrivo di cuochi e pastasciutte. Argomenti marginali. Ma in ogni settore, stiamo assistendo allo sgretolamento di una delle colonne portanti della democrazia.
LM Le varie guide dell’epoca cartacea (Michelin, Gambero Rosso, ecc.) vengono continuamente criticate per la loro scarsa trasparenza, ma anche i loro successori digitali (Trip Advisor, The Fork) soffrono di opacità. È cambiato il contenitore, ma non il meccanismo?
VMV Sorrido perché è una strana quadriglia. Trip Advisor era un nuovo contenitore, come dice lei, a ingresso libero. Animato da un precetto democratico tutt’altro che disprezzabile. Disgraziatamente, ha dovuto generare un braccio economico per monetizzare la propria espansione. E difatti, da TripAdvisor è nata The Fork, piattaforma per prenotazioni. In capo a pochi anni, The Fork ha solidarizzato con i due Moloch della critica gastronomica più tradizionale, opaca e radicata: Identità Golose e Michelin. Il gioco è fatto: vecchio e nuovo si sono riuniti in un unico cerchietto magico.
LM Gli chef sfruttano la stampa gastronomica ma sono anche sfruttati dalla stampa stessa. La guida che assegna “stelle verdi” è finanziata da un’azienda che produce pneumatici per automobili. Il paladino della cucina senza sprechi è anche un ambasciatore di più marchi di lusso. Leggendo questo libro ci si fa l’idea che la condizione necessaria per confrontarsi con la “cultura del cibo” italiana è quella di poter reggere contemporaneamente due posizioni apparentemente antitetiche. È così che funziona?
VMV L’ultimo esempio regalatoci dalla cronaca è la ribellione degli chef nei confronti degli influencer che mercanteggiano cene gratis. Bravissimi. Ma non sono sempre gli stessi chef a organizzare cene stampa a beneficio di influencer e giornalisti per leggere meraviglie del proprio locale? A offrire banchetti luculliani alle firme più note per strappare una recensione benevola? Funziona proprio così e si chiama ipocrisia.
LM Vorrei terminare con una citazione che, a mio parare, racchiude il concetto chiave del libro: “Credo solo che in un sistema corrotto o che comunque funziona in toto su equilibri che si possono considerare poco etici, o se ne esce o se ne fa parte”. In sostanza, significa che siamo tutti coinvolti, implicati? Ogni commensale che consulta una guida, ogni chef che ospita il critico scroccone? Come si rompe la catena della disfunzione?
VMV Quella frase agghiacciante la scrisse un simpatico idiota tra i commenti di un post, nel quale raccontavo le magagne della critica gastronomica. Potremmo tradurla così, in termini più schietti: «Se non ti piace questo sistema, vattene. Se invece vuoi restare qui, china la testa e diventa un corrotto anche tu».
Capirà che si tratta di un teorema irricevibile. Un misto di rassegnazione supina e connivenza attiva. Potremmo riderci sopra, se non fosse il credo condiviso da una moltitudine di militanti del food: critici, blogger, influencer, chef e imprenditori. La catena si romperà soltanto con l’impegno di tutti. Ma siamo lontani da questa rivoluzione. Per ora, ognuno innaffia il proprio orticello, convinto che basti, mentre nel bosco d’intorno infuria l’incendio.
Foto (dall’alto in basso): Wilawan Pantukang, Mahin Abubackar e Ferbugs.
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Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.
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