È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid.
Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine riaperture. In molti hanno preferito non sottoporsi a questo continuo up and down, scegliendo la chiusura totale anche per lunghi periodi. Per chi ha scelto, invece, di tentare l’avventura dell’apertura è rimasta solo la possibilità di offrire un unico servizio: il takeaway che ogni operatore cerca di modulare tra delivery e asporto secondo le proprie preferenze, in base al territorio in cui opera e al target di riferimento a cui abitualmente si rivolge.
Questa particolare e inedita situazione, se da un lato sta mettendo in seria difficoltà una intera categoria professionale e lavorativa a livello mondiale, dall’altro sta anche offrendo l’insolita occasione di ripensare al modo in cui operare e ai servizi da offrire. Il risultato è che uno dei settori più mortificati da questa terribile pandemia, è anche quello in maggiore fermento, che sta vivendo un momento di particolare innovazione.
Abbiamo pensato di aprire una rubrica di conversazioni con chef, aziende ed altri operatori del settore per raccogliere i prodromi di questo importante momento di rinnovamento e trasformazione, che, anche se non cercato e voluto, sta di fatto portando una serie di nuove idee e nuovi stili di organizzazione dell’intera linea produttiva, che modificheranno sostanzialmente il modo di rapportarsi con la clientela anche quando questo stato di emergenza finalmente cesserà.
Lei è titolare insieme a sua moglie Ziva Parvis Bianchi della pasticceria Ziva di Milano. Quando è scoppiata la pandemia avevate aperto la pasticceria da pochi mesi, come avete reagito? Sì, abbiamo aperto la nostra pasticceria ad aprile del 2019, quindi abbiamo festeggiato il primo anno di attività in pieno lockdown. Naturalmente la cosa ci ha colto di sorpresa come penso a tutti, per fortuna abbiamo capito subito che non si sarebbe trattato di una situazione provvisoria e rapida, abbiamo avuto il sentore che stava accadendo qualcosa di grave e duraturo e così non abbiamo perso tempo e ci siamo dati da fare per cambiare velocemente modo di lavorare.
In cosa è consistito principalmente il cambiamento, quali sono le modifiche principali che avete apportato alla vostra attività? Avendo anche il servizio di caffetteria abbiamo potuto modificare l’orario di apertura e invece di seguire quello della pasticceria con chiusura tra le 13 e le 15,30, abbiamo scelto di chiudere alle 18, come i bar, e di restare aperti nella pausa pranzo, cosa che prima non facevamo, incrementando la proposta del salato soprattutto attraverso vari tipi di pizza, dalla pizza gourmet a quella farcita o dolce, e abbiamo iniziato a fare il pane. Siamo partiti con due chili al giorno e nel giro di poco tempo siamo arrivati a produrne anche venti chili al giorno per soddisfare le richieste. C’era chi passava davanti al locale e vedeva il pane, chi invece già cliente per la colazione, tornava a prenderlo per il pranzo o per la cena. Anche grazie ad un bel passaparola siamo riusciti ad attenere davvero un buon risultato con il pane.
Nei periodi in cui non potete restare aperti vi affidate solo all’asporto o fornite anche il servizio delivery? Facciamo entrambe le cose. Per il delivery ci affidiamo alla piattaforma Delivery che copre un’area circostante di sei chilometri. Ad essere sinceri, questi due servizi ci stanno dando buone soddisfazioni e compensano economicamente il calo inevitabile di caffetteria. Con il lockdown le persone che erano abituate a cenare con una certa frequenza al ristorante, non potendolo più fare e non volendo rinunciare alla portata del dolce, ordinano molte torte da noi. Mi spiace dover dire così, ma la chiusura dei ristoranti ci ha favorito e ci ha fatto incrementare il lavoro. Pertanto a distanza di meno di due anni da quando siamo aperti, il nostro lavoro è cresciuto nonostante il Covid. Naturalmente questa particolare situazione non ci permette di valutare quali siano i veri fattori che ci hanno permesso di migliorare e se questa crescita sarebbe avvenuta indipendentemente da quello che sta succedendo.
Parlando di asporto e delivery mi viene spontaneo chiedervi se avete sfruttato questa opportunità per sviluppare immagine e visibilità anche attraverso il packaging. Il consumo di dolci non prevede solo l’utilizzo personale, ma è anche destinato a compleanni, anniversari, ricorrenze varie e quindi la confezione ha una grande importanza. Certamente. Abbiamo investito moltissimo nel packaging, personalizzando tutte le confezioni e coordinandole anche ai nostri colori, presenti nella pasticceria, nel sito internet e nelle pagine instagram. Oltre ai sacchetti, anche le scatole dei cioccolatini, delle mignon e delle torte, sono tutte personalizzate Ziva. Questo, oltretutto, ci ha molto aiutato anche sotto il profilo di immagine e per farci riconoscere. Chi, inoltre, ha ricevuto come regalo a casa un nostro dolce e lo ha gradito, ha potuto così rintracciarci facilmente e ordinare altri prodotti.
Dal punto di vista dell’assortimento dei prodotti avete dovuto ridurre la scelta? No, al contrario, abbiamo aumentato la proposta soprattutto di quelle che noi chiamiamo “torte da viaggio”, quelle che hanno una maggiore durata di conservazione come la Sbrisolona, per esempio, ma soprattutto il panettone. Noi lo producevamo già tutto l’anno cambiando i gusti, adesso abbiamo cambiato anche la forma e lo realizziamo a bauletto nello stampo da plumcake. La gente compra la confezione da mezzo chilo e lo utilizza affettandolo per la prima colazione in casa.
E dal punto di vista delle ricette, avete semplificato o modificato qualcosa? Abbiamo aumentato la qualità degli ingredienti così da garantire un prodotto ottimo e di maggiore durata. Oggi utilizziamo solo uova di alta qualità, farine di tipo uno e biologiche per tutte le preparazioni. Il pane è fatto solo con lievito madre e grani antichi, costa un po’ di più, ma si mantiene fragrante a lungo. Un filone da un chilo e mezzo, correttamente conservato, dura anche dieci giorni e in questo momento in cui molti non fanno la spesa tutti i giorni, è una qualità molto apprezzata. In zona non abbiamo rivali.
Quindi, tutto sommato, per Ziva questa dura esperienza ha avuto anche risvolti positivi, c’è pertanto qualche scelta fatta oggi che manterrete in futuro, anche quando questa emergenza sarà finalmente passata? Oltre alle migliorie sul piano della qualità del prodotto, da cui certamente non torneremo indietro, manterremo il delivery che prima della pandemia non facevamo. Ci abbiamo messo un po’ di tempo a decidere di farlo perché i costi sono alti e pensavamo di offrire questo servizio privatamente con le nostre forze, ma appena il giro di lavoro è un po’ cresciuto abbiamo capito che non era possibile farlo senza un supporto esterno. Abbiamo orientato tutta la nostra comunicazione, anche online, su un territorio di cinque chilometri intorno a noi e il delivery, come servizio aggiuntivo che diamo, ha un buon riscontro e contribuisce alla fidelizzazione del cliente, quindi intendiamo mantenerlo anche in futuro.
Come vede orientato il vostro settore, a cosa va incontro secondo lei il mondo della pasticceria? Penso che i giovani pasticceri moderni, con un concetto dinamico di impresa vedranno aumentare i loro fatturati, vedo invece maggiori difficoltà per chi vorrà restare ancorato alla tradizione, al passato anche da un punto di vista di immagine e di comunicazione, chi non ha ritenuto necessario evolversi. Soprattutto chi non si affiderà anche allo shop online è destinato a vedere diminuire il proprio giro d’affari. Noi abbiamo investito molto sul sito e soprattutto su instagram che non seguiamo personalmente, ma abbiamo affidato ad un professionista che realizza le foto e si occupa delle pubblicazioni ogni tre giorni. E’ un impegno economico importante, ma fondamentale.
Chiudiamo le nostre conversazioni chiedendo sempre agli intervistati cosa stanno leggendo
Non vorrei farvi pubblicità, ma sto leggendo Tourbillon di Yann Brys che avete pubblicato proprio voi e lo trovo davvero interessante.
Cascina Forestina, bosco di Riazzolo, Parco Sud Milano: un uomo sul trattore che svolge la sua attività di contadino. Una occupazione diversa, ma non distante da quella più ufficiale di filologo, così la pensa Niccolò Reverdini al quale abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda.
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi …
Negli ultimi anni abbiamo assistito a velocissimi cambiamenti e tendenze nel mondo del bartending anche in relazione al mondo della ristorazione. Penso che questi due ambiti professionali abbiano ripreso a dialogare tra loro una decina di anni fa con la comparsa del mixologist e dello chef molecolare, tu sei d’accordo? Si pienamente d’accordo! Dopo l’inserimento, almeno …
Reset – Marcello Salvatori – Pasticceria Ziva, Milano
È sotto gli occhi di tutti che il settore della ristorazione sia tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid.
Distanziamento ed isolamento dei tavoli e una infinita serie di accorgimenti necessari per il contenimento del contagio non sono bastati per arginare il virus e così, a fasi alternate, assistiamo a parziali chiusure e repentine riaperture. In molti hanno preferito non sottoporsi a questo continuo up and down, scegliendo la chiusura totale anche per lunghi periodi. Per chi ha scelto, invece, di tentare l’avventura dell’apertura è rimasta solo la possibilità di offrire un unico servizio: il takeaway che ogni operatore cerca di modulare tra delivery e asporto secondo le proprie preferenze, in base al territorio in cui opera e al target di riferimento a cui abitualmente si rivolge.
Questa particolare e inedita situazione, se da un lato sta mettendo in seria difficoltà una intera categoria professionale e lavorativa a livello mondiale, dall’altro sta anche offrendo l’insolita occasione di ripensare al modo in cui operare e ai servizi da offrire. Il risultato è che uno dei settori più mortificati da questa terribile pandemia, è anche quello in maggiore fermento, che sta vivendo un momento di particolare innovazione.
Abbiamo pensato di aprire una rubrica di conversazioni con chef, aziende ed altri operatori del settore per raccogliere i prodromi di questo importante momento di rinnovamento e trasformazione, che, anche se non cercato e voluto, sta di fatto portando una serie di nuove idee e nuovi stili di organizzazione dell’intera linea produttiva, che modificheranno sostanzialmente il modo di rapportarsi con la clientela anche quando questo stato di emergenza finalmente cesserà.
Lei è titolare insieme a sua moglie Ziva Parvis Bianchi della pasticceria Ziva di Milano. Quando è scoppiata la pandemia avevate aperto la pasticceria da pochi mesi, come avete reagito?
Sì, abbiamo aperto la nostra pasticceria ad aprile del 2019, quindi abbiamo festeggiato il primo anno di attività in pieno lockdown. Naturalmente la cosa ci ha colto di sorpresa come penso a tutti, per fortuna abbiamo capito subito che non si sarebbe trattato di una situazione provvisoria e rapida, abbiamo avuto il sentore che stava accadendo qualcosa di grave e duraturo e così non abbiamo perso tempo e ci siamo dati da fare per cambiare velocemente modo di lavorare.
In cosa è consistito principalmente il cambiamento, quali sono le modifiche principali che avete apportato alla vostra attività?
Avendo anche il servizio di caffetteria abbiamo potuto modificare l’orario di apertura e invece di seguire quello della pasticceria con chiusura tra le 13 e le 15,30, abbiamo scelto di chiudere alle 18, come i bar, e di restare aperti nella pausa pranzo, cosa che prima non facevamo, incrementando la proposta del salato soprattutto attraverso vari tipi di pizza, dalla pizza gourmet a quella farcita o dolce, e abbiamo iniziato a fare il pane. Siamo partiti con due chili al giorno e nel giro di poco tempo siamo arrivati a produrne anche venti chili al giorno per soddisfare le richieste. C’era chi passava davanti al locale e vedeva il pane, chi invece già cliente per la colazione, tornava a prenderlo per il pranzo o per la cena. Anche grazie ad un bel passaparola siamo riusciti ad attenere davvero un buon risultato con il pane.
Nei periodi in cui non potete restare aperti vi affidate solo all’asporto o fornite anche il servizio delivery?
Facciamo entrambe le cose. Per il delivery ci affidiamo alla piattaforma Delivery che copre un’area circostante di sei chilometri. Ad essere sinceri, questi due servizi ci stanno dando buone soddisfazioni e compensano economicamente il calo inevitabile di caffetteria. Con il lockdown le persone che erano abituate a cenare con una certa frequenza al ristorante, non potendolo più fare e non volendo rinunciare alla portata del dolce, ordinano molte torte da noi. Mi spiace dover dire così, ma la chiusura dei ristoranti ci ha favorito e ci ha fatto incrementare il lavoro. Pertanto a distanza di meno di due anni da quando siamo aperti, il nostro lavoro è cresciuto nonostante il Covid. Naturalmente questa particolare situazione non ci permette di valutare quali siano i veri fattori che ci hanno permesso di migliorare e se questa crescita sarebbe avvenuta indipendentemente da quello che sta succedendo.
Parlando di asporto e delivery mi viene spontaneo chiedervi se avete sfruttato questa opportunità per sviluppare immagine e visibilità anche attraverso il packaging. Il consumo di dolci non prevede solo l’utilizzo personale, ma è anche destinato a compleanni, anniversari, ricorrenze varie e quindi la confezione ha una grande importanza.
Certamente. Abbiamo investito moltissimo nel packaging, personalizzando tutte le confezioni e coordinandole anche ai nostri colori, presenti nella pasticceria, nel sito internet e nelle pagine instagram. Oltre ai sacchetti, anche le scatole dei cioccolatini, delle mignon e delle torte, sono tutte personalizzate Ziva. Questo, oltretutto, ci ha molto aiutato anche sotto il profilo di immagine e per farci riconoscere. Chi, inoltre, ha ricevuto come regalo a casa un nostro dolce e lo ha gradito, ha potuto così rintracciarci facilmente e ordinare altri prodotti.
Dal punto di vista dell’assortimento dei prodotti avete dovuto ridurre la scelta?
No, al contrario, abbiamo aumentato la proposta soprattutto di quelle che noi chiamiamo “torte da viaggio”, quelle che hanno una maggiore durata di conservazione come la Sbrisolona, per esempio, ma soprattutto il panettone. Noi lo producevamo già tutto l’anno cambiando i gusti, adesso abbiamo cambiato anche la forma e lo realizziamo a bauletto nello stampo da plumcake. La gente compra la confezione da mezzo chilo e lo utilizza affettandolo per la prima colazione in casa.
E dal punto di vista delle ricette, avete semplificato o modificato qualcosa?
Abbiamo aumentato la qualità degli ingredienti così da garantire un prodotto ottimo e di maggiore durata. Oggi utilizziamo solo uova di alta qualità, farine di tipo uno e biologiche per tutte le preparazioni. Il pane è fatto solo con lievito madre e grani antichi, costa un po’ di più, ma si mantiene fragrante a lungo. Un filone da un chilo e mezzo, correttamente conservato, dura anche dieci giorni e in questo momento in cui molti non fanno la spesa tutti i giorni, è una qualità molto apprezzata. In zona non abbiamo rivali.
Quindi, tutto sommato, per Ziva questa dura esperienza ha avuto anche risvolti positivi, c’è pertanto qualche scelta fatta oggi che manterrete in futuro, anche quando questa emergenza sarà finalmente passata?
Oltre alle migliorie sul piano della qualità del prodotto, da cui certamente non torneremo indietro, manterremo il delivery che prima della pandemia non facevamo. Ci abbiamo messo un po’ di tempo a decidere di farlo perché i costi sono alti e pensavamo di offrire questo servizio privatamente con le nostre forze, ma appena il giro di lavoro è un po’ cresciuto abbiamo capito che non era possibile farlo senza un supporto esterno. Abbiamo orientato tutta la nostra comunicazione, anche online, su un territorio di cinque chilometri intorno a noi e il delivery, come servizio aggiuntivo che diamo, ha un buon riscontro e contribuisce alla fidelizzazione del cliente, quindi intendiamo mantenerlo anche in futuro.
Come vede orientato il vostro settore, a cosa va incontro secondo lei il mondo della pasticceria?
Penso che i giovani pasticceri moderni, con un concetto dinamico di impresa vedranno aumentare i loro fatturati, vedo invece maggiori difficoltà per chi vorrà restare ancorato alla tradizione, al passato anche da un punto di vista di immagine e di comunicazione, chi non ha ritenuto necessario evolversi. Soprattutto chi non si affiderà anche allo shop online è destinato a vedere diminuire il proprio giro d’affari. Noi abbiamo investito molto sul sito e soprattutto su instagram che non seguiamo personalmente, ma abbiamo affidato ad un professionista che realizza le foto e si occupa delle pubblicazioni ogni tre giorni. E’ un impegno economico importante, ma fondamentale.
Chiudiamo le nostre conversazioni chiedendo sempre agli intervistati cosa stanno leggendo
Non vorrei farvi pubblicità, ma sto leggendo Tourbillon di Yann Brys che avete pubblicato proprio voi e lo trovo davvero interessante.
Pasticceria Ziva
via Federico Faruffini 2
Milano
https://www.zivapasticceria.it/
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ll nostro uomo a Shanghai
Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto un’opportunità di lavoro e trovato in Paesi e …
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Quando si parla di talenti in fuga si pensa sempre agli scienziati, ai ricercatori che trovano in altre nazioni la possibilità di esprimere al meglio il loro sapere. Una categoria poco citata è quella dei cuochi, spesso nomadi più per scelta che per necessità, che hanno colto una opportunità di lavoro e trovato in Paesi …
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Negli ultimi anni abbiamo assistito a velocissimi cambiamenti e tendenze nel mondo del bartending anche in relazione al mondo della ristorazione. Penso che questi due ambiti professionali abbiano ripreso a dialogare tra loro una decina di anni fa con la comparsa del mixologist e dello chef molecolare, tu sei d’accordo? Si pienamente d’accordo! Dopo l’inserimento, almeno …